La F1 ha presentato nella mattinata di ieri il calendario ufficiale per la stagione 2026 del massimo campionato motoristico al mondo. Una stagione che come le ultime – compresa quella in corso – conterà su 24 appuntamenti di gara, facendo tappa in tutti o quasi i continenti, per un calendario lungo quasi dieci mesi.
Allungare ulteriormente il campionato, come ribadito a più riprese dal ceo della Formula 1, Stefano Domenicali, non è in alcun modo sostenibile, né per team e piloti, né per una macchina organizzativa complessa come quella del Circus.
Però la Formula 1 piace sempre più, come ribadisce Nielsen Sports, che nel 2024 ha rilevato una fanbase globale di oltre 826 milioni di persone, in crescita del 10% sui già ottimi risultati del 2023.
Va da sé che sale l’interesse a prendervi parte da tante latitudini, anche da Paesi che solo fino a qualche anno fa, non erano in grado di ospitare un Gran Premio, per mancanza di interesse ancor prima che di infrastrutture.
E se in tanti scalpitano e, tra sponsor, investimenti pubblici e privati, sono in grado di mettere sul piatto di Liberty Media, cifre superiori ai 50 milioni di euro per prender parte alla stagione sportiva, gli organizzatori non possono non tenere conto dell’aumento dell’appeal in nuove geografie.
In sintesi: il calendario non può essere allungato, tanti nuovi protagonisti vogliono sedere al tavolo da gioco con budget importanti, quindi nessun posto è garantito a prescindere dallo status di appuntamento storico.
Calendario F1: la concorrenza sarà sempre più alta
La F1 piace al pubblico perché è glamour, piace agli sponsor perché è un business globale; piace anche tra le nuove generazioni, anche tra chi non può definirsi così esperto di uno sport molto tecnico.
E piace anche se si tratta di uno sport che, come tutti gli sport, si gioca sulle prestazioni ma dove oltre a quelle dell’atleta vi sono anche quelle della vettura e del team che vi lavora.
Uno sport nel quale può capitare che l’apice della competizione non si raggiunga nella domenica di gara ma, ad esempio, in qualifiche all’insegna dell’adrenalina durante il sabato, a scapito della gara vera e propria che in alcuni circuiti, soprattutto quelli con una lunga storia alle spalle, si riduce a un lungo inseguimento tra vetture non in grado di sorpassarsi.
Va specificato, per chi non ha visto – per un tema generazionale o di interesse – gare del passato, che l’assenza di sorpassi non è da imputarsi alle prestazioni delle monoposto, che variano durante la stagione e anche in base alle caratteristiche del circuito, né tantomeno alla volontà del pilota che di base vuole sempre vincere sugli avversari.
Quando la gara è “piatta” è perché il tracciato dove corrono le monoposto, nonostante accorgimenti e migliorie, sia per la sicurezza che per lo spettacolo, è vetusto per le vetture moderne.
Formula 1 a Imola: record di 242mila presenze, ma il futuro resta incerto
Senza tornare agli anni ’80 o ’90, quando le monoposto erano poco più lunghe di 4 metri, basta guardare all’ultima Ferrari con la quale il campione tedesco Michael Schumacher ha portato il titolo a Maranello; la vettura del 2004 era lunga 4,5 metri mentre le Ferrari di Leclerc e Hamilton sfiorano i 5,7 metri di lunghezza.
L’aumento delle dimensioni, un cockpit più sicuro per il pilota, l’introduzione dell’halo, sono scelte, di FIA e costruttori, che hanno ridotto di molto le conseguenze degli incidenti di gara ma che in tanti tracciati hanno reso impossibile assistere a una gara avvincente.
Qualcosa – è certo – cambierà con il regolamento 2026, considerati i ridimensionamenti delle vetture, ma non sarà così radicale.
L’esempio ormai classico, il più lampante, è quello del GP di Monaco, dove salvo colpi di scena clamorosi, tutto viene deciso con le qualifiche del sabato o, al massimo, con una partenza sbagliata di chi parte dalla prima casella in griglia.
Ma è anche il caso di Imola.
La F1 saluta Imola: dal “soccorso” in pandemia all’uscita di scena
L’Enzo e Dino Ferrari è un tracciato impegnativo e affascinante per i piloti, teatro in passato di sfide epiche e anche di pagine nere della Formula 1.
Ma è un tracciato che, per la sua natura, non si sposa con le caratteristiche delle vetture attuali.
Imola è stato lontano dal Circus per quasi vent’anni, salvo ritornarvi “in soccorso” di Liberty Media, nelle stagioni pandemiche.
Ma pur avendo prestato un egregio servizio alla Formula 1, l’ora dei saluti era già stabilità al termine del contratto quinquennale, in scadenza proprio nel 2025.
Via libera al Decreto Infrastrutture: 5 milioni l’anno a Monza e Imola per la F1
Eppure l’annuncio del calendario 2026, un po’ di amaro in bocca l’ha lasciato, anche se non era di certo una sorpresa.
Il presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale, ha già deciso di non lasciarsi prendere in inutili rimuginazioni e ha richiesto al governo di aprire un tavolo di lavoro, coinvolgendo – con tutta probabilità – tutto l’apparato organizzativo e istituzionale dell’autodromo bolognese.
Certo, per gli appassionati e gli imolesi – oltre che per buona parte dei media – leggere della doppia tappa in Spagna, con Barcellona confermata e la new entry Madrid – seppure ampiamente annunciata da tempo – ha portato alla semplice riflessione da bar “La Spagna sì e noi no?”.
Ma occorre prestare più attenzione agli altri nomi in calendario e notare l’assenza di altri Paesi di peso del Vecchio Continente.
Francia e Germania, assenti da anni dalla F1
Sì perché la Francia, seconda economia europea e tradizione motoristica non indifferente, non ha un Gran Premio da oltre tre anni, con il circuito di Le Castellet, presente tra il 2018 e il 2022 e poi privato della licenza.
La Germania, prima economia europea, Paese espressione dei gruppi automobilistici più forti al mondo – che non è neanche il caso di citare – con un team in griglia (Mercedes), uno in arrivo (Audi) e un produttore (ancora una volta Mercedes) che serve metà dello schieramento, non vede correre le F1 in casa dal lontano 2009, nel nondimeno storico tracciato di Hockenheim.
Per la prossima stagione e quelle future (contratto fino al 2031) l’Italia potrà comunque vantare in calendario Monza, il Tempio della Velocità, irrinunciabile per tutto l’ecosistema della F1, ma soprattutto per il territorio, ed è bene ricordarlo, considerando l’impatto economico superiore ai 350 milioni di euro (nell’edizione 2024).
A livello sistemico, non è assolutamente il caso di ostinarsi a volere un doppio appuntamento che nessuno della Vecchia Europa può più vantare – la Spagna nel 2026 sarà un’eccezione – o di guardare ad altre latitudini, considerando che gli States è come se fossero un Continente e Liberty Media è americana.
Stefano Domenicali, imolese doc tra l’altro, ha dichiarato che «la possibilità che Imola torni in calendario non è assolutamente remota, vanno approfondite le condizioni, ma non è da escludere in futuro».
Il modello Spa e l’idea del vecchio GP d’Europa
E alla luce di quanto detto Domenicali, l’esempio da seguire è quello di un Paese come il Belgio, sceso subito ai miti consigli del numero 1 del Circus. Pur di garantire l’appuntamento con Spa, pista a dir poco sfidante per i piloti ed entusiasmante per il pubblico, ha accettato quel sistema di rotazione ribadito a più riprese da Domenicali e si è “accontentata” di quattro Gran Premi nei prossimi sei anni.
Una via che la macchina organizzativa di Imola dovrebbe a sua volta perseguire, magari rispolverando nelle stanze dei bottoni del Circus, l’idea del vecchio GP d’Europa. Anche perché l’ultima edizione del Gran Premio dell’Emilia Romagna e del Made in Italy è stata un successo, soprattutto dal punto di vista economico.
Secondo l’analisi dell’ufficio studi di Sport e Finanza, con oltre 240 mila presenze nel weekend di gara, oltre a superare ogni record, l’impatto economico ha superato i 300 milioni di euro (306,6 mln per la precisione), con ricavi da GP – quindi spese all’interno dell’autodromo – superiori ai 130 milioni di euro e un indotto – spese declinate sul territorio – di oltre 176 milioni di euro.
Numeri ai quali non si può rinunciare, anche a stagioni alterne e che non vorrebbero dire in alcun modo “accontentarsi”.
Accontentarsi, per Imola, vorrebbe invece dire relegare il tracciato a eventi minori, appassionanti per chi vi corre e per nicchie di pubblico, ma incomparabili al giro d’affari di cui è capace solo la Formula 1.