Competenza, non quantità
Lontana dalla guerra dei prezzi e dalla corsa alla produzione in serie, Colnago ha scelto una via alternativa. «Abbiamo deciso di non produrre tutto per tutti – afferma l’AD. – Invece di inseguire il mercato di massa con city bike, MTB ed elettriche economiche, abbiamo puntato tutto sulla qualità: bici di fascia altissima, curate nei minimi dettagli, oggetti di lusso».
Una strategia costruita sulla heritage del marchio fondato da Ernesto Colnago e sulla capacità di innovare restando fedeli al proprio DNA. «Ci siamo affidati alla nostra storia, – afferma. – ma con una gestione manageriale nuova, solida e globale. E il brand ne ha tratto forza».
Il traino di Pogacar (e non solo)
Il successo commerciale è stato accompagnato anche da quello sportivo, grazie al legame con il fenomeno sloveno Tadej Pogacar. «Quando siamo arrivati, Tadej era un talento emergente, – racconta l’amministratore delegato. – Ha vinto il Tour nel 2020, anche grazie alla nostra bici. Oggi è un testimonial perfetto, un simbolo della nostra eccellenza tecnica».
Ma Colnago non vuole fermarsi alle due ruote. «Il nostro marchio ha un potenziale lifestyle – anticipa Rosin. – Stiamo esplorando il mondo dell’abbigliamento tecnico e del cicloturismo esclusivo. L’importante è restare fedeli al concetto di unicità e alta gamma».
I dazi? Impatto limitato, per ora
All’orizzonte, però, si affaccia l’incognita dazi. Negli Stati Uniti si discute di tariffe fino al 145% sull’import di bici asiatiche e componenti. «Un dazio al 30% avrebbe un impatto contenuto, perché vendiamo un prodotto di lusso. – Così dichiara Rosin, restando cauto. – Ma se si arrivasse a cifre proibitive, allora diventerebbe insostenibile anche per noi».
Colnago, intanto, continua a pedalare in controtendenza, dimostrando che anche nel mondo della mobilità leggera, non sempre vince chi produce di più, ma chi produce meglio.