Partito il Giro d’Italia, riparte anche la corsa alle maglie. La corsa a tappe offre un ampio ventaglio di colori di magliette, insignite ai corridori in grado di emergere sulla base di criteri prestabiliti.
Non solo la mitica maglia rosa, attribuita al leader assoluto, ma anche quelli delle altre maglie che celebrano i protagonisti delle diverse classifiche: velocisti, scalatori e giovani promesse.
Ognuna ha un significato preciso e una storia affascinante che lega l’aspetto tecnico con il valore simbolico, andando a stimolare una serie di sfide parallele che terranno banco nel corso delle tre settimane della kermesse.
Maglia Rosa: il simbolo del primato assoluto
La maglia rosa è il cuore pulsante del Giro d’Italia, emblema del leader della classifica generale, colui che ha ottenuto il tempo complessivo più basso nelle tappe disputate. Introdotta nel 1931 per iniziativa di Armando Cougnet, giornalista de La Gazzetta dello Sport, il colore rosa fu scelto in onore della storica carta del quotidiano sportivo.
Indossarla significa essere il primo in classifica, ma anche entrare in un’élite di campioni. Solo quattro ciclisti nella storia sono riusciti a vestire la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa: Costante Girardengo, Alfredo Binda, Eddy Merckx e Gianni Bugno.
Proprio Eddy Merckx detiene il record assoluto con 77 maglie rosa tra il 1968 e il 1974. L’italiano Alfredo Binda, invece, guida la classifica tra gli azzurri con 59 maglie rosa e cinque Giri vinti, un record condiviso sempre con Merckx e Fausto Coppi.
Oggi come allora, la maglia rosa rappresenta il sogno di ogni corridore, un simbolo di eccellenza assoluta nel ciclismo.
Maglia Ciclamino: il terreno di caccia dei velocisti
La maglia ciclamino premia il leader della classifica a punti, assegnata in base ai piazzamenti nei traguardi di tappa e negli sprint intermedi. Introdotta nel 1966 inizialmente con il colore rosso, divenne ciclamino nel 1970, tornò rossa nel 2010 e assunse definitivamente il colore attuale nel 2017.
È il riconoscimento per i corridori più costanti, tipicamente velocisti, che riescono a piazzarsi bene in molte tappe, soprattutto quelle pianeggianti. La maggioranza dei punti è infatti assegnati in queste frazioni, a vantaggio degli sprinter.
Il record di vittorie in questa specialità appartiene a Francesco Moser, che ha vinto la maglia ciclamino quattro volte (1976, 1977, 1978, 1982), imponendosi come uno dei più quotati ciclisti italiani dell’epoca.

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Maglia Azzurra: il traguardo del Re della Montagna
Dedicata agli scalatori, la maglia azzurra distingue il corridore che ha totalizzato più punti nei tratti in salita definiti Gran Premi della Montagna (GPM). I punti vengono assegnati a seconda della difficoltà della salita e della posizione d’arrivo in vetta.
Il Gran Premio della Montagna viene disputato fin dal 1933, ma è solo dal 1974 che al vincitore venne attribuita una maglia, inizialmente verde fino a che non fu adottato il colore azzurro nel 2012 per motivi di sponsorship.
Gino Bartali, leggenda del ciclismo italiano, è il detentore del record con sette titoli di miglior scalatore conquistati tra il 1935 e il 1947. Il vincitore di questa maglia difficilmente riesce a imporsi nella classifica generale, ma è sicuramente un corridore capace di dettare il ritmo in salita.
Maglia Bianca: il vessillo delle giovani promesse
La maglia bianca viene assegnata al miglior giovane della classifica generale, ovvero il corridore under 25 (che non ha ancora compiuto 26 anni al 1° gennaio dell’anno in corso) con il tempo più basso.
Istituita per la prima volta nel 1976, fu sospesa nel 1994 e poi reintrodotta nel 2007. È spesso considerata una “rosa in divenire”, perché molti dei suoi vincitori hanno poi trionfato anche nella classifica generale.
Tra i corridori che l’hanno conquistata più volte ci sono Bob Jungels, Miguel Ángel López, Volodymyr Pulnikov e Pavel Tonkov, tutti vincitori in due edizioni. Può succedere che il vincitore coincida con il migliore a livello assoluto: esempi recenti di doppietta bianca-rosa sono Tao Geoghegan Hart (2020) ed Egan Bernal (2021). Indossare la maglia bianca è un segnale chiaro: il talento sta sbocciando, e il futuro è promettente.
La scomparsa maglia nera
Tra il 1946 e il 1951, esisteva anche la maglia nera, assegnata – curiosamente – all’ultimo in classifica generale. Paradossalmente, diventò una delle più ambite dai gregari e corridori meno competitivi, grazie alla sua visibilità e al premio in denaro, superiore a quello riservato a chi finiva sesto.
Celebre fu la rivalità tra Luigi Malabrocca e Sante Carollo, che si sfidarono in veri e propri “duelli al ribasso”. Malabrocca fu il solo a vincerla due volte, fino all’abolizione giunta nel 1952 per scoraggiare comportamenti non sportivi.
La maglietta fu reintrodotta eccezionalmente nel 1967 per il 50esimo anniversario del Giro, e sempre per scopi celebrativi fu riproposta simbolicamente nel 2008 in una nuova veste, che prevedeva l’assegnazione del numero nero all’ultimo in classifica.
Le maglie del Giro d’Italia non sono semplici divise: dalla rosa alla bianca, passando per l’azzurra e la ciclamino, ogni colore racconta un diverso modo di essere campione, e premia una campagna che si è distinta spiccando tecnicamente sugli avversari.