Nike cade, Adidas corre: lo sportswear cambia ritmo in Borsa

Dopo un crollo in Borsa del 60% in quattro anni, Nike tenta il rilancio tra dazi, calo dei ricavi e utile dimezzato. Ecco il confronto tra i giganti dello sportswear.

Atp Finals 2024 Nike
Difficoltà settore sportswear
Image Credits: Nicolò Campo / Inside Photos

Dopo una fase di crisi che ha portato ad una perdita di circa il 60% del suo valore di mercato in soli quattro anni, Nike tenta la risalita. Il colosso americano dello sportswear ha registrato un rimbalzo in Borsa superiore al 20% in poche sedute, alimentato da risultati trimestrali migliori delle attese. Tuttavia, secondo quanto riportato da Milano Finanza, è presto per decretare la fine della crisi.

Il recente rally del titolo è stato innescato dalla pubblicazione del bilancio dell’esercizio fiscale 2025, chiuso il 31 maggio, che ha visto ricavi annui pari a 46,3 miliardi di dollari, in calo del 10% rispetto ai 51,4 miliardi dell’anno precedente. Il quarto trimestre ha registrato un -12% su base annua, ma il risultato è stato migliore rispetto alla previsione degli analisti (-14,9%), offrendo un segnale incoraggiante, seppur debole, per gli investitori.

I dazi di Trump pesano sul business globale

Oltre alla flessione delle vendite, su Nike continuano a gravare le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Asia. L’azienda è una delle più esposte ai dazi imposti dall’amministrazione Trump, in particolare per le importazioni dal Vietnam e dalla Cina, che rappresentano una quota significativa della produzione totale (circa il 16% dalla sola Cina).

Nike ha stimato in circa 1 miliardo di dollari il costo aggiuntivo che i dazi avranno sull’esercizio in corso. La strategia aziendale punta ora a ridurre l’esposizione alle importazioni dai Paesi colpiti e a trasferire parte dei costi sui consumatori statunitensi già nei prossimi mesi.

Nike crisi: redditività in calo, brand Jordan in sofferenza

I dati finanziari parlano chiaro: il margine lordo è sceso dal 44,7% al 42,7%, mentre l’ebit margin si è praticamente dimezzato, passando dal 13% all’8%. L’utile netto è crollato a 3,2 miliardi di dollari dai 5,7 miliardi del 2024. A soffrire è stato anche il brand Jordan, con un calo delle vendite del 16% in un solo anno. Tutti i mercati principali — inclusi Cina, Europa e Stati Uniti — hanno registrato una contrazione.

Il confronto: Adidas in ripresa, Puma resta al palo

Se Nike arranca, Adidas mostra segnali opposti. Il gruppo tedesco ha chiuso il 2024 con un incremento dei ricavi del 10%, raggiungendo quota 6,1 miliardi di euro nel primo trimestre del 2025 (+12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Sia la Cina sia l’Europa hanno trainato la crescita (+14%), mentre gli Stati Uniti hanno visto un incremento più contenuto (+5,5%).

Grazie a un contenimento dei costi, la redditività è migliorata: l’ebit margin è salito al 6%, con una previsione di raggiungimento dell’8% nel corso dell’anno. Secondo gli analisti di UBS, il 2025 si preannuncia favorevole, con ricavi stimati a 25,7 miliardi di euro, un margine lordo al 51,5% e utili netti a 1,3 miliardi, in forte aumento rispetto agli 800 milioni del 2024.

In Borsa, anche Adidas ha subito un ridimensionamento dai massimi di metà 2021 (310 euro), ma la perdita è contenuta: oggi il titolo si attesta intorno ai 213 euro.

Situazione ben diversa per Puma. Il titolo, che nel 2021 toccava i 114 euro, oggi scambia sotto i 24 euro. Con una capitalizzazione di soli 3,5 miliardi di euro e ricavi sotto i 9 miliardi, la società fatica a tenere il passo dei due giganti. A pesare è anche una storica maggiore esposizione all’indebitamento, che penalizza ulteriormente la redditività e la fiducia del mercato.

Nike, uscita dalla crisi: cautela obbligatoria

Nonostante le difficoltà, Nike continua a trattare su multipli tipici del settore lusso. Nike scambia a 32 volte gli utili stimati del 2025, in calo. Multipli elevati che richiedono prudenza, soprattutto in un contesto macroeconomico instabile e con dazi ancora incombenti.

In definitiva, la reazione positiva del mercato ai risultati di Nike potrebbe rappresentare un primo segnale di uscita dalla crisi, ma il cammino resta incerto. Con margini compressi, vendite in calo e una concorrenza sempre più agguerrita, il leader globale dello sportwear dovrà dimostrare nei prossimi trimestri di poter tornare a correre davvero.