R360: la nuova lega del rugby attira FSG, Glazer e Red Bull. Restano incognite

La nuova lega R360 punta a rivoluzionare il rugby con squadre globali, contratti milionari e investitori come Red Bull, Glazer e FSG. Tra incognite finanziarie e limiti regolamentari, il progetto divide.

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Una nuova competizione globale di rugby sta facendo discutere l’intero ecosistema della palla ovale. Si chiama R360 e punta a debuttare nel settembre 2026 con otto squadre maschili in formato franchising e, in prospettiva, anche quattro team femminili.

La novità? Un calendario itinerante in stile Formula 1, città iconiche come Londra, Tokyo, Dubai, Miami e Cape Town, contratti milionari per i giocatori e l’interesse di Fenway Sports Group (FSG), famiglia Glazer e Red Bull come potenziali acquirenti delle squadre.

Secondo quanto riportato dal Daily Mail, ciascuna franchigia costerebbe circa 15 milioni di sterline (oltre 17 milioni di euro). L’ambizione dei promotori – tra cui l’ex campione del mondo Mike Tindall, l’agente sportivo Mark Spoors e alcuni dirigenti con esperienze in LIV Golf e Wasserman – è creare un circuito elitario, sostenuto da un modello di business innovativo e capace di attrarre investimenti privati da Stati Uniti, Regno Unito e Arabia Saudita.

Contratti top e modello IPL-LIV Golf

R360 strizza l’occhio al format dell’Indian Premier League e al controverso esperimento del golf saudita con LIV Golf. I giocatori selezionati – si parla di 200 atleti, con l’obiettivo di arrivare a 300 nella seconda fase del progetto – riceverebbero stipendi fino a 1 milione di dollari a stagione, quasi il doppio degli attuali salari per molti professionisti del rugby.

Tra i nomi in trattativa ci sarebbero Henry Slade, George Ford e Jamie George, stelle della nazionale inglese, ma anche figure di spicco del rugby a XIII come Roger Tuivasa-Sheck e Ryan Papenhuyzen, già contattati per un passaggio al quindici.

I dubbi di World Rugby e delle leghe nazionali

Se da un lato il progetto attrae capitali e attenzione mediatica, dall’altro solleva forti critiche da parte dell’establishment rugbistico.

«Nel nostro sport, – ha ribadito il CEO di World Rugby, Alan Gilpin, – la partita con la maglia della nazionale resta il vertice assoluto. Qualsiasi lega che neghi ai giocatori questa possibilità difficilmente potrà attirare i migliori».

Nonostante una timida apertura al dialogo con i promotori di R360, Gilpin ha chiarito che World Rugby continuerà a far rispettare il Regulation 9, che impone il rilascio degli atleti per i test match nelle finestre internazionali.

Anche i vertici della Premiership Rugby inglese, tramite il CEO Simon Massie-Taylor, si sono detti scettici.

«R360 è una distrazione, – ha detto il CEO. – Non abbiamo avuto alcun contatto con gli organizzatori. Il nostro sistema è costruito su basi solide, questo progetto non lo è. Il rugby non ha bisogno di iniziative pop-up».

A rincarare la dose è stato Andrew Georgiou, presidente di TNT Sports, che ha definito la proposta “delirante” dal punto di vista economico.

«Ne ho viste tante di presentazioni PowerPoint in 25 anni di carriera, – ha dichiarato. – Il problema è sempre lo stesso: da dove arriva il denaro? E come si pensa di farlo crescere in un settore media in piena trasformazione?»

Le incognite del calendario e della sostenibilità

R360 punta a una stagione divisa in due finestre (aprile-giugno e agosto-settembre), per un totale iniziale di otto partite nel 2026, destinate a diventare 16 nelle edizioni successive. Tuttavia, il calendario internazionale è già saturo, con l’introduzione della Nations Cup nel 2026 e un Club World Cup previsto per il 2028.

I giocatori inglesi che dovessero firmare con R360, al momento, non sarebbero eleggibili per la nazionale, secondo le attuali regole della RFU. Una condizione che rischia di indebolire non solo le nazionali ma anche il legame tra club, territorio e base amatoriale.

«Il rugby ha bisogno di radici, – ha sottolineato Massie-Taylor, –  non di operazioni spot. La community è ispirata dal club e dalla nazionale. Senza questi legami, è difficile costruire qualcosa che duri».

Dietro le quinte: fondi privati e venue globali

Le location ipotizzate per ospitare le tappe della competizione includono il Tottenham Hotspur Stadium, il Camp Nou di Barcellona, il MorumBIS di San Paolo, New York e Los Angeles. Il circuito si proporrà su emittenti free-to-air, con sponsorizzazione e diritti TV già formalizzati, secondo quanto riportato.

Sul fronte finanziario, il progetto avrebbe ottenuto l’appoggio di fondi specializzati nello sport e investitori privati. Il piano prevede di essere profitable entro il 2027.

Opportunità o bolla?

R360 rappresenta una delle più ambiziose operazioni di disruption nello sport contemporaneo. Dopo il caso LIV Golf e i tentativi – naufragati – della Superlega calcistica, il rugby è il nuovo terreno di sperimentazione per capitalisti globali in cerca di ROI e branding.

La domanda centrale resta: può una lega senza radici e senza Test rugby costruire un futuro sostenibile per sé stessa e per lo sport nel suo insieme?

Se la risposta sarà affermativa, R360 potrebbe segnare una svolta epocale per il rugby professionistico. In caso contrario, rischia di diventare l’ennesimo progetto irrealizzato nel panorama delle leghe private, lasciando dietro di sé più ombre che risultati.

 

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