Si accende sempre più lo scontro intorno al green. Il fondo saudita PIF infatti sta cercando di mettere le mani sul golf a livello mondiale, in uno scontro con l’americana PGA (Professional Golf Association). E, come spiegato da Repubblica Affari & Finanza, si tratta di una vera e propria guerra di colpi bassi, vecchi rancori, e interventi politici e legali.
PIF infatti ora ha messo nel mirino il golf. Il fondo sovrano dell’Arabia Saudita con una dotazione tra gli 800 e i 900 miliardi di dollari che ha già investito pesantemente sul calcio (tra squadre e competizioni che si disputano nel Paese come la Supercoppa italiana) e altri sport dalla boxe alla Formula 1 fino al tennis, ora vuole allargare la sua strategia.
La società creata per raggiungere l’obiettivo si chiama LIV, una sigla che rappresenta il numero romano 54, che indica il numero di buche nei suoi tornei, contro le 72 della PGA. Anche un messaggio chiaro: minor sforzo ma più soldi.
E proprio sui soldi hanno puntato i sauditi, consigliati da Greg Norman, ex campione di golf australiano considerato da molti arrogante e osteggiato da Tiger Woods, simbolo della tenacia e del “sogno americano”, che è rimasto fedele alla PGA nonostante le allettanti offerte: sul piatto sono stati messi 100 milioni di dollari che Woods ha rifiutato, così come un altro campione come Rory McIlroy, che ha anche criticato i colleghi che hanno scelto i soldi al prestigio e alla tradizione, definendo la loro scelta una scorciatoia che pagheranno.
Non sono poche però le stelle che hanno accettato le lusinghe saudite. A partire da Phil Mickelson che, dopo le critiche iniziali ai sauditi, è passato a LIV per 200 milioni, quasi il doppio di quanto accettato da altri campioni come Dustin Johnson e Bryson DeChambeau. Secondo Forbes, i sauditi hanno investito 2,4 miliardi nell’operazione e aumentato di 370 milioni i guadagni dei loro primi dieci giocatori, portando i loro incassi combinati a circa 650 milioni. Un quarto dell’intero investimento è andato ai primi dieci giocatori. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, visto che chi ha scelto l’Arabia Saudita ha anche perso prestigio e sponsor: Mickelson, ad esempio, è stato abbandonato tra gli altri da KPMG, Callaway, Heineken, Amstel Light e Workday.
La battaglia tra LIV e PGA si sta combattendo anche sul piano delle carte bollate. LIV ha citato PGA per concorrenza sleale, ottenendo in risposta una causa per sottrazione di giocatori sotto contratto. Inoltre, PGA ha impedito ai giocatori di LIV di partecipare ai suoi tornei, avviando un’indagine per concorrenza sleale.
L’anno scorso sembrava che si potesse trovare un accordo in un incontro alle Bahamas, ma è saltato per alcuni dettagli. Forse anche perché PGA ha motivato alcuni importanti americani a raccogliere 3 miliardi di dollari in un’operazione guidata da Fenway Sports, che controlla i Red Sox di Boston, con il supporto di Drake, LeBron James e Steve Cohen. Con i 3 miliardi, PGA ha ottenuto una valutazione di 12 miliardi, contro i 2,4 dei sauditi, e ha aumentato i premi.
LIV ha però un asso nella manica: Donald Trump. I suoi campi sono stati banditi dal PGA tour dopo gli eventi del 6 gennaio, e Trump, vendicativo, ha appoggiato LIV offrendo i suoi campi per i tornei. Si dice che Biden stia preparando uno spot in cui accusa Trump di tradire l’America per soldi scegliendo i sauditi contro la PGA americana. Trump fa campagna negativa costante e Biden potrebbe contrattaccare nel golf, una delle tante straordinarie anomalie del nostro tempo. A meno che, in extremis e come sempre a sorpresa, non si mettano poi d’accordo.
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