Il ciclismo italiano ritrova un volto nuovo su cui costruire il futuro. Giulio Pellizzari, 21 anni, marchigiano di Camerino, ha conquistato ieri la sua prima vittoria da professionista imponendosi nella 17ª tappa della Vuelta a España, da O Barco de Valdeorras all’Alto de El Morredero.
Una vittoria di peso, ottenuta in salita, in un contesto segnato da vento forte, incendi che hanno annerito i boschi circostanti e dalle tensioni legate alle proteste pro-Palestina che hanno già più volte interrotto la corsa spagnola.
Secondo quanto ricostruisce La Repubblica, Pellizzari è diventato a 21 anni e 275 giorni il più giovane vincitore di tappa della Vuelta dai tempi di Tadej Pogacar nel 2019. Non una fuga da lontano, ma un assolo da campione: scatto deciso a 3,5 km dal traguardo, quando con lui erano rimasti soltanto i big di classifica Jonas Vingegaard, Joao Almeida, Tom Pidcock, Jai Hindley e Matthew Riccitello. Nessuno ha potuto resistergli.
Il marchigiano ha tagliato il traguardo con 16 secondi su Pidcock e 18 sul compagno Hindley. Vingegaard, quarto a 20”, conserva la maglia rossa e allunga a 50” su Almeida. Pellizzari, oltre alla vittoria, consolida così il quinto posto in classifica generale e la leadership tra i giovani.
Il profilo di un talento in crescita
Pellizzari non è nuovo a imprese coraggiose. Professionista dal 2023 con la Bardiani, si era fatto notare già al Giro d’Italia 2024, quando fu l’unico a resistere per chilometri all’attacco di Pogacar a Santa Cristina Valgardena. In quell’edizione, complice il ritiro di Roglic, seppe prendersi responsabilità da capitano, chiudendo sesto assoluto.
Il passaggio alla Red Bull-Bora Hansgrohe lo ha consacrato in una dimensione internazionale. Al Giro 2025 ha centrato un altro sesto posto, confermando qualità di fondo e capacità di recupero, doti rare in un corridore così giovane. Non a caso nel gruppo è soprannominato “il Duca di Camerino”, per lo stile elegante e incisivo.
Visione e intelligenza tattica
La vittoria all’Alto de El Morredero non è stata solo un exploit di gambe, ma un saggio di maturità tattica. Pellizzari ha perso qualche metro a -6 km, si è affidato al passo regolare di Almeida e ha scelto il momento giusto per colpire negli ultimi 3 km.
«Non ho ancora una grande carriera alle spalle, ma questo senza dubbio è il momento più bello, – ha dichiarato a caldo. – Me lo sentivo che avrebbe potuto essere il mio giorno. Un istante prima che scattassi la seconda volta, ho visto che gli altri si stavano guardando e…».
Il commissario tecnico azzurro Marco Villa, che lo ha già convocato per il Mondiale di Kigali, ha sottolineato a La Gazzetta dello Sport:
«Giulio è un ragazzo solare che in qualsiasi gruppo porta felicità. Di sicuro uscirà dalla Vuelta con una bella condizione, sta crescendo tappa dopo tappa. Al Mondiale gli troveremo un ruolo».
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Tra cronometro e futuro
La Vuelta non è ancora finita. Oggi il programma prevede la cronometro di Valladolid, ridotta da 27 a 12 km per motivi di sicurezza dopo le proteste che stanno caratterizzando le tappe del giro spagnolo. Un banco di prova anche per Filippo Ganna, che insegue un successo in un terreno a lui congeniale.
Per Pellizzari, che ha iniziato solo quest’anno a lavorare seriamente sulla posizione contro il tempo, la cronometro rappresenta un ambito di crescita.
Un patrimonio per il ciclismo italiano
L’impresa di Pellizzari ha un valore che va oltre la singola tappa. È la prima vittoria italiana in questa Vuelta e la prima nella corsa spagnola dopo Alberto Dainese a settembre 2023. In un movimento a lungo a corto di successi nei grandi giri, la sua affermazione alimenta speranze concrete.
Dal Giro al Tour, passando per i Mondiali, Pellizzari sembra avere tutte le carte per diventare un uomo da corse a tappe: resistenza, freddezza, capacità di leggere la corsa e una mentalità vincente. Un talento che potrebbe presto attirare sponsor e visibilità internazionale.
Come sottolinea La Repubblica, dal buio di una delle edizioni più tormentate della Vuelta «è spuntata una stella italiana, uno squarcio di meraviglia che il nostro ciclismo aspettava da anni».