Con la giornata di oggi, si chiude ufficialmente un’era lunga 12 anni e 127 giorni alla guida del Comitato Olimpico Nazionale Italiano: Giovanni Malagò lascia la presidenza del CONI e, con un pizzico di commozione, affida il testimone a chi verrà dopo. Domani, l’assemblea elettiva designerà il nuovo presidente. Tra i nomi più accreditati, spicca quello di Luciano Buonfiglio, già indicato dallo stesso Malagò come il favorito per la successione.
«Mi commuoverò quando spegnerò la luce del mio ufficio per l’ultima volta», ha confidato alla stampa, tracciando un bilancio della sua lunga gestione iniziata nel febbraio 2013.
Tre mandati alla guida dello sport italiano, segnati da profondi cambiamenti politici e da risultati sportivi mai raggiunti prima. Otto governi, sette presidenti del Consiglio, otto autorità vigilanti: «Un’Italia più arrabbiata, meno tollerante e meno fiduciosa nel futuro, – ha commentato. – Io invece sono un super fan del mio Paese, mi sento proprio un patriota».
L’eredità lasciata da Malagò al CONI
Malagò rivendica con orgoglio quanto lasciato in eredità.
«Cerco di essere oggettivo, – ha dichiarato. – Lascio uno sport con un prestigio altissimo a livello nazionale e internazionale, risultati mai ottenuti nella storia, i conti in ordine e un consenso che difficilmente sarà replicabile. E poi un’offerta di eventi sportivi mai vista: da Milano-Cortina 2026 ai Giochi del Mediterraneo, passando per i giochi giovanili».
Non manca una nota di rimpianto per i Giochi Olimpici di Roma 2024, sfumati nel 2016 per l’opposizione dell’allora sindaca Virginia Raggi e dell’amministrazione capitolina: «Peccato per quei Giochi che ormai erano una cosa fatta…».
Tra i limiti riconosciuti c’è la mancata programmazione della successione.
«Pensavo che mi avrebbero concesso una proroga – ha ammesso – e che avrei avuto tempo per preparare la transizione. Non è mai successo, e forse non succederà mai più, che si cambi contemporaneamente il presidente del Coni e quello del Comitato Paralimpico alla vigilia di Giochi Olimpici ospitati in casa nostra».
Il riferimento è a Milano-Cortina 2026, che si svolgeranno sotto un’altra gestione.
C’è spazio anche per un’ammissione personale. «Se ho sbagliato, – ha detto Malagò – è stato nel dare umanamente troppa fiducia ad alcune persone».
L’ultimo consiglio
Nel suo messaggio al futuro presidente, Malagò raccomanda indipendenza di visione e umanità nei rapporti.
«Chi mi succederà dovrà fare cose diverse, – ha dichiarato il presidente uscente – perché ognuno è fatto a modo suo. Ma dovrà garantire trasparenza assoluta, non avere paura di sbagliare, e soprattutto essere disponibile con tutti, non solo con chi gli è amico o lo ha aiutato. Se ho avuto un merito, è stato quello di saper aggregare tutte le componenti del mondo sportivo e di aver sempre tenuto aperta la porta del mio ufficio».
Le emozioni e i momenti storici
Nel congedarsi, Malagò ha ricordato i momenti più intensi della sua presidenza.
«Mi ha commosso l’oro delle ragazze del volley, – ha detto – l’ultimo vinto da una squadra. E poi Federica Pellegrini, con cui ho avuto una carriera parallela. E quei magici 11-13 minuti tra l’oro di Tamberi e di Jacobs a Tokyo 2021: qualcosa che resterà per sempre nella storia, non solo nella mia».
Infine, la risposta alla domanda forse più scontata: che voto si dà? «Lasciamo perdere, non sta a me».
Ma a leggere le sue parole e l’eco che lasciano dietro di sé, il giudizio sembra già scritto: Malagò ha segnato un’epoca dello sport italiano.