La Germania torna a scommettere sui Giochi Olimpici e lo fa con ambizione e consapevolezza storica. Berlino ha ufficialmente annunciato la sua candidatura per ospitare le Olimpiadi e Paralimpiadi estive, mirando all’edizione del 2036 — esattamente cento anni dopo le controverse Olimpiadi del 1936, organizzate sotto il regime nazista. Una scelta simbolica quanto politica, che impone riflessioni profonde ma che al contempo guarda con decisione al futuro.
Il progetto, denominato “Berlin+”, non è solo una candidatura della capitale, ma un’iniziativa regionale che coinvolge altri quattro Länder tedeschi: Brandeburgo, Sassonia, Meclemburgo-Pomerania Anteriore e Schleswig-Holstein. L’obiettivo è duplice: distribuire i costi e le opportunità, e presentare un modello olimpico moderno, sostenibile, inclusivo.
Un secolo dopo il 1936: tra rimozione e riscatto
Presentando la candidatura all’Olympiastadion — lo stesso stadio voluto da Adolf Hitler e simbolo dei Giochi del ’36 — il sindaco di Berlino Kai Wegner ha sottolineato con fermezza il valore simbolico della proposta. «Berlino è cambiata, – ha dichiarato nel corso della presentazione. – Non è più la città dell’esclusione e della dittatura, ma una metropoli aperta, multiculturale, pacifica. I nuovi Giochi saranno un inno alla libertà e alla solidarietà».
Le parole di Wegner e il richiamo alla figura di Jesse Owens — l’atleta afroamericano che nel 1936 umiliò le teorie razziali del regime vincendo quattro ori — tracciano una linea netta: ospitare i Giochi nel 2036 non significa celebrare il passato, ma prenderne le distanze con forza, riscattandolo.
Berlino guarda a Parigi: le Olimpiadi come motore economico
Se l’aspetto simbolico è fondamentale, quello economico è tutt’altro che secondario. Il modello è chiaro: Parigi 2024 ha prodotto effetti misurabili sull’economia francese. Secondo Il Sole 24 Ore, nel terzo trimestre del 2024 il PIL francese è cresciuto dello 0,4%, accelerando rispetto al +0,2% registrato nel trimestre precedente. Un risultato direttamente legato all’effetto Giochi.
L’Insee (Institut national de la statistique et des études économiques) attribuisce tale crescita soprattutto ai ricavi generati dalla vendita dei biglietti e ai diritti di diffusione televisiva. Settori come i servizi alle famiglie (eventi sportivi e attività ricreative) hanno registrato un balzo del +3,5%, mentre il comparto comunicazione e informazione ha segnato un +2,3%.
Per Berlino, che ha già il 90% degli impianti sportivi pronti o temporaneamente realizzabili, questo scenario rappresenta un’opportunità concreta: trasformare i Giochi in volano di crescita, non solo per la città, ma per l’intera economia tedesca e dell’area coinvolta nel progetto.

I Giochi di Parigi 2024 chiudono in utile: registrato un attivo di circa 27 milioni
Un concept urbano e sostenibile
Come accaduto con Parigi 2024, infatti, anche Berlino punta a portare le discipline nel cuore della città: beach volley alla Porta di Brandeburgo, maratona sull’Isola dei Musei, skateboard e arrampicata all’ex aeroporto di Tempelhof, mentre il Mellowpark di Köpenick ospiterà il freestyle BMX. Lo Stadio Olimpico sarà ancora protagonista per l’atletica, e impianti iconici come la Max-Schmeling-Halle o l’Uber-Arena accoglieranno pallavolo e ginnastica.
Nei Länder partner si giocheranno le partite di calcio (a Lipsia), si disputeranno gare di vela (tra Rostock e Kiel), canoa e sport di combattimento. Un disegno a rete che mira a coinvolgere tutta la Germania orientale e settentrionale, rilanciando territori spesso lontani dai grandi circuiti turistici internazionali.
Questa proposta si inserisce in una tendenza ben visibile in Europa: Francia e Germania sono ormai le uniche due grandi potenze capaci di sostenere con regolarità la candidatura a grandi eventi sportivi internazionali. L’Italia, al contrario, resta penalizzata da un’infrastruttura logistica e trasportistica fragile, che rappresenta il vero freno strutturale a ogni ambizione olimpica futura.
Sfide politiche e consenso popolare
Non mancano però le criticità. In primis, la memoria del 1936: per quanto il progetto cerchi di risignificare lo scenario olimpico tedesco, resta il rischio di essere percepiti come inopportuni, proprio nel centenario di un evento sfruttato allora per la propaganda del Terzo Reich.
Inoltre, la resistenza popolare è già presente. Il movimento “NOlympia Berlin” ha annunciato l’intenzione di raccogliere firme per un referendum che possa bloccare la candidatura, come già avvenuto con Amburgo (2024) e Monaco (2022). Spranger ha dichiarato di non voler ripetere quella strada, preferendo un dialogo costruttivo con la cittadinanza. Ma l’opposizione politica, con i Verdi in testa, resta vigile: «Meglio investire nello sport di base che nel CIO», ha dichiarato la consigliera Klara Schedlich.
Una corsa globale, tra geopolitica e visione
Il percorso sarà lungo. La Confederazione Sportiva Olimpica Tedesca (DOSB) dovrà ora valutare se puntare sul 2036, sul più neutro 2040 (che coinciderebbe con i 50 anni della riunificazione tedesca) o sul 2044. La competizione sarà in primis serrata a livello nazionale: oltre a Berlino, anche città come Monaco hanno presentato la candidatura. Inoltre, tra i 17 Paesi interessati ci sono India, Indonesia, Turchia e Cile.
Berlino ha già un vantaggio: un sistema infrastrutturale pronto, il supporto del governo federale (che ha stanziato 7 milioni di euro per la candidatura), e una strategia integrata sul lungo termine.
Che si tratti del 2036, 2040 o 2044, la candidatura alle Olimpiadi di Berlino è più di una sfida sportiva. È la dimostrazione che l’Europa può ancora ambire a ospitare i più grandi eventi globali, a patto di avere visione, unità territoriale e una memoria storica capace di trasformarsi in lezione.
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