Ghiretti, SGPlus: «Lo sport è la rete sociale del Paese»

Roberto Ghiretti, manager sportivo di lungo corso, fotografa il rapporto tra il suo mondo e la sostenibilità, identificando lo sport come la rete sociale più potente del Paese. Uno strumento di politica sociale che accomuna generazioni diverse e che ha un potenziale ancora tutto da sfruttare.

Roberto Ghiretti. Image Credit: SGPlus
L'intervista
Roberto Ghiretti. Image Credit: SGPlus

Dopo aver raccontato il punto di vista di EIS a proposito del rapporto tra sport e sostenibilità, un altro importante player condivide la sua visione su un connubio ormai sempre più presente nella realtà italiana.

Roberto Ghiretti ha svolto la prima parte della propria carriera come dirigente sportivo: sono gli anni del boom della pallavolo, con Parma e Modena a battagliare per coppe e campionati.

Nel 2001 fonda SGPlus, società di consulenza che in più di vent’anni ha costruito una storia importante nel mondo del marketing e della comunicazione, collaborando con Federazioni, enti pubblici e tutti gli stakeholders che gravitano attorno al mondo dello sport.

All’inizio del 2024 Ghiretti lascia il timone dell’azienda ai quattro collaboratori cresciuti con lui, ritagliandosi un ruolo consulenziale con cui mettere a frutto la sua esperienza. Attualmente collabora con le federazioni nazionali di ginnastica e pallavolo, oltre ad essere vicepresidente nazionale di Special Olympics.

Domanda: uno sguardo come il suo sul legame tra sport e sostenibilità ha senz’altro una profondità non comune. Come vede questo rapporto?

Risposta: Lo Sport non è più solo l’allenamento o la gara portata avanti da professionisti e semplici amatori a tutti i livelli. La sua funzione di attività fisica è solo una parte del potenziale: è un modo semplice eppure efficace per raggiungere e collegare generazioni diverse in maniera trasversale.
Una sorta di lasciapassare che mette in contatto aree diverse della società, accomunate dalla passione per uno sport o dal potere di aggregazione delle tante associazioni sportive diffuse in tutto il Paese.

L’appuntamento olimpico, distante ormai solo poche settimane, risveglia l’attenzione di tanti appassionati che a cadenza quadriennale gioiscono per le medaglie dei nostri atleti, senza che necessariamente il lavoro portato avanti giorno per giorno sia conosciuto a dovere.

D. In che modo l’impegno di tecnici, di atleti e delle relative Federazioni può essere valorizzato, in modo da far emergere gli aspetti non solo agonistici ma anche sociali dei vari sport?

R. Torniamo al concetto di base: lo sport è la rete sociale più potente del Paese. Riconoscerlo è il primo passo per poterne sfruttare tutto il potenziale. Negli ultimi anni sono stati piantati diversi “semi” che piano piano iniziano a germogliare.

D. Quello su cui si può lavorare è forse la visione di insieme, la capacità di mettere a disposizione le esperienze maturate in singole realtà. “Fare sistema” è un tema delicato, non solo in ambito sportivo. Ci sono strumenti che possono facilitare il compito oppure ostacoli da evitare?

R. Ci sono gli uni e gli altri. L’utilizzo della burocrazia ad esempio è necessario e inevitabile se si vogliono uniformare procedure e mettere a fattor comune i risultati ottenuti a vari livelli. L’insieme però è variegato: le piccole associazioni sportive, e le stesse Federazioni, non sempre hanno molte risorse a disposizione e rischiano di rimanere intrappolate in una pur legittima esigenza di regolamentazione.

D. Si dice spesso che investire nello Sport sia anche una sorta di assicurazione in salute, o più in generale in benessere sociale: si parla a proposito di Social Return on Investment.

R. Che l’investimento in attività sportiva abbia un ritorno in termini di riduzione di spesa sanitaria è confermato da tutti gli studi che vengono fatti sull’argomento. Iniziano a esserci diverse metodologie di calcolo, e i risultati oscillano a seconda dei casi, ma la costante è che ogni euro investito in sport porta ad un risparmio di costi sanitari maggiore di quanto speso.

D. Torniamo a qualcuno dei “semi” che stanno fiorendo in ambito sportivo: siamo sulla strada giusta? Quanto c’è ancora da fare?

R. Da ormai dieci anni tengo corsi di formazione sul tema quindi posso dire che gli esempi ci sono e vanno nella giusta direzione. Adesso si tratta di farli parlare l’uno con l’altro.

D. In effetti il tema della responsabilità sociale negli ultimi anni si è sviluppato e sta iniziando a cambiare forma. Comincia a farsi largo l’idea che ESG (acronimo di Environment, Social e Governance) non sia una somma di tre ambiti diversi, ma un insieme univoco in cui queste tre leve convivono.

R- Il punto di arrivo dev’essere quello: una società a misura d’uomo. Quando si parla di “sostenibilità” in tanti ancora pensano che abbia a che fare con l’ambiente, o con l’aiutare i più fragili. È quello, certo, ma è anche di più».

Del resto, una delle più note definizioni in merito, quella dell’Enciclopedia Treccani, definisce la sostenibilità come la Condizione di uno sviluppo in grado di assicurare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.