Malagò e la sfida Milano Cortina 2026: la corsa verso i Giochi

Giovanni Malagò guida l’organizzazione delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026 tra diplomazia internazionale, complessità politiche e risultati tangibili. L’evento sta prendendo forma.

Giovanni Malagò, Rome Athletics 2024
Passato, presente e futuro
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Il 19 novembre scorso, Giovanni Malagò si è presentato all’Onu con una delegazione accuratamente preparata, ottenendo un risultato significativo: l’Assemblea Generale ha approvato la risoluzione promossa dall’Italia sul rispetto della Tregua Olimpica. Un messaggio che va oltre lo sport, toccando temi di pace e diplomazia internazionale.

L’ex presidente del Coni – ruolo che ha ricoperto per vent’anni prima dell’arrivo di Luciano Buonfiglio – oggi dirige le Olimpiadi invernali come presidente della Fondazione Milano Cortina e membro del Cio. «Il cuore operativo è Milano, dove lavorano più di mille persone», spiega Malagò come riporta il Corriere della Sera, sottolineando però che si tratta dell’Olimpiade dei territori: Bormio, Cortina, Anterselva, Livigno, Predazzo richiedono presenza costante.

L’organizzazione attraversa una fase febbrile. Molte azioni sono ancora da definire e precisare, mentre il quartiere generale milanese lavora forsennato e coordinato dall’amministratore delegato Andrea Varnier. La dimensione dell’evento richiede continui spostamenti tra i confini nazionali e quelli internazionali: Losanna, Ginevra, New York diventano tappe obbligate per confronti con il Cio e la sua presidente Coventry, con cui Malagò mantiene frequenti contatti caratterizzati da intesa e feeling.

Le amarezze del passato e numeri del successo

Inevitabile, però, che emergano riflessioni sul recente passato. Quando gli si chiede se provi nostalgia del Coni, Malagò risponde: «Nei momenti di riflessione, se sono solo, cerco di evitare e contrastare un’altra sensazione, le amarezze, le delusioni». Un riferimento trasparente alla mancata proroga del suo mandato presidenziale fino alla conclusione di Milano Cortina 2026, decisione che considera «un atto del tutto personale» frutto di «dinamiche illogiche di una minoranza».

Ma c’è anche un’altra complessità organizzativa: dal momento della candidatura si sono succeduti quattro governi (due di Conte, quello di Draghi e infine Meloni), ognuno con ministri e capi di gabinetto diversi, quindi «atteggiamenti e culture diverse». Una sfida nella sfida.

Nonostante una parte del Paese resti diffidente, Malagò sottolinea dati inequivocabili: televisioni, sponsor e mondo industriale hanno garantito investimenti importanti. Ma è un dato sociale a colpire maggiormente: «Dovevamo scegliere 18 mila volontari, sono arrivati 130 mila candidati», rivela il presidente della Fondazione, segno di un entusiasmo popolare che va oltre ogni aspettativa.

L’ex numero uno del Coni ricorda anche che «l’atto più difficile e importante è stato ottenere le Olimpiadi, battere la concorrenza». Una sconfitta, dopo la vicenda romana, avrebbe significato dimissioni immediate e un danno d’immagine per il Paese.

Ora Milano Cortina 2026 procede verso il traguardo, con Malagò che continua a muoversi con l’eleganza e la determinazione che lo caratterizzano. E sul suo futuro dopo i Giochi? Per ora preferisce concentrarsi sulla missione presente, lasciando aperta ogni possibilità.