Quattro miliardi di euro di risorse proprie, investimenti attivati per oltre cinque miliardi e un ritorno sociale stimato in quasi 20 miliardi. Sono i numeri del piano strategico 2025-2030 dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale (ICSC), presentato dall’amministratore delegato Antonella Baldino in un’intervista pubblicata da Il Sole 24 Ore.
La trasformazione dell’Istituto in società per azioni, avvenuta nel luglio 2024, segna una svolta storica per un’istituzione finanziaria che si avvicina ai 70 anni di attività.
Un salto del 65% rispetto al quinquennio precedente
«Questo piano punta a rivisitare senza stravolgerlo il business model, – spiega Baldino, – ampliando la capacità di impatto sul Sistema Paese e potenziando la vocazione di Banca pubblica di Sviluppo per lo sport e la cultura».
I quattro miliardi di euro rappresentano un incremento del 65% rispetto ai cinque anni precedenti. Grazie a un effetto leva medio di 1,8 volte, l’Istituto stima di generare uno SROI (Social Return on Investment) di 4,3, traducendo ogni euro investito in oltre quattro euro di valore sociale.
Focus su territorio e filiere produttive
Il piano si articola su direttrici strategiche.
La prima conferma il focus su enti territoriali e mondo non profit: società sportive, federazioni, enti di promozione sportiva, fondazioni culturali ed enti del terzo settore. L’obiettivo è evolvere verso un modello di banca digitale e data-driven, modernizzando l’approccio operativo.
La seconda linea strategica rappresenta una novità rilevante: il supporto alle filiere produttive di sport e cultura.
«Ci proponiamo di supportare player attivi in questi due settori nel processo di crescita e di innovazione, – sottolinea l’AD nel corso dell’intervista – anche favorendo lo sviluppo dell’operatività all’estero o l’attrazione di investimenti in Italia».
Nel mirino ci sono imprese che realizzano grandi progetti infrastrutturali, aziende specializzate nella fornitura di attrezzature sportive, ma anche operatori attivi nella gestione di musei, spazi espositivi e interventi di riqualificazione urbana.
«E non parlo solo di sport, – osserva Baldino. – Dagli stadi al patrimonio artistico, persiste un atavico gap nazionale»
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Dalle infrastrutture di prossimità ai grandi progetti
Sul fronte delle infrastrutture, l’ICSC intende mantenere un doppio binario: da un lato l’impiantistica di prossimità, per garantire una copertura territoriale capillare; dall’altro i progetti di maggiore scala e rilevanza strategica nazionale.
Una strategia che si innesta in un mercato in forte espansione. Secondo dati Standard & Poor’s Global citati nell’intervista, il volume di operazioni nel settore sport è passato da 9 a 32 miliardi di dollari, con il 70% degli investimenti effettuati da fondi di private equity o venture capital focalizzati su club, stadi, training center e tecnologie innovative.
Il Fondo Italiano per lo Sport: strumento pionieristico
Particolare attenzione viene riservata al Fondo Italiano per lo Sport, introdotto dal Decreto Sport di agosto.
«È uno strumento pionieristico anche nel panorama europeo, – commenta Baldino – che potrà contare sulle risorse che confluiscono dai due Fondi in gestione alla Banca. Un veicolo nato per mobilitare risorse pubbliche e per attrarre capitali addizionali privati a sostegno della filiera e a supporto dei grandi eventi sportivi».
L’AD conclude con un messaggio chiaro: «È tempo di un cambio di paradigma. Sport e Cultura sono capitale produttivo e un asset class emergente delle infrastrutture sociali, sempre più attrattivo per gli investitori internazionali».
Attraverso il blending di fondi pubblici con risorse proprie e di terzi, l’ICSC punta a posizionarsi come catalizzatore di partenariati pubblico-privato, sfruttando l’attrattività crescente di questi asset per mobilitare capitali nei processi di sviluppo delle infrastrutture sportive e culturali del Paese.