Arene di Serie A basket: nuovi impianti per ricucire il gap con l'Europa

Cantù, Tortona, Venezia e Bologna investono per nuove arene. Dal PSL americano agli impianti da 10mila posti: il basket di Serie A prova a colmare il gap infrastrutturale con l’Europa.

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Ricucire il gap
Image Credits: media gallery Derthona Basket

L’Italia sconta un ritardo infrastrutturale drammatico nel settore sportivo. Con 131 impianti ogni 100mila abitanti, il nostro Paese si colloca il 22% sotto la media europea. Un gap che diventa ancora più evidente nel basket di Serie A, dove le società si confrontano quotidianamente con strutture inadeguate e obsolete.

I numeri fotografano un’emergenza nazionale tanto che non è mai stata così drammatica la situazione dell’impiantistica sportiva.

Il settore vale 22 miliardi di euro, pari all’1,3% del PIL nazionale, ma secondo l’Istituto per il Credito Sportivo non può esprimere il suo pieno potenziale senza infrastrutture adeguate.

Eppure, nel panorama desolante dell’impiantistica italiana, il basket di Serie A sta tracciando una strada alternativa all’insegna dell’eccellenza, grazie alla determinazione di proprietà illuminate e a modelli innovativi di partenariato pubblico-privato.

Cantù Arena: il modello che cambia le regole

Come già anticipato su Sport e Finanza, la Cantù Arena rappresenta un caso studio di portata nazionale: primo impianto in Italia a completare l’iter previsto dalla Legge Stadi attraverso un partenariato pubblico-privato.

L’elemento rivoluzionario è l’introduzione in Italia del modello Personal Seat License (PSL), strumento di finanziamento già collaudato negli Stati Uniti. Il meccanismo consente ai tifosi di acquisire il diritto di prelazione su un posto per periodi di 5, 10 o 15 anni, generando cash flow immediato per sostenere i costi di costruzione e ridurre il rischio finanziario.

L’obiettivo del progetto è superare la dipendenza dagli incassi sportivi costruendo un ecosistema operativo 365 giorni l’anno, con concerti, convention, volley, tennis e hockey.

«Cantù è il primo Comune in Italia ad aver realizzato un impianto sportivo applicando la Legge Stadi nella sua interezza. Non Milano, non Roma, non Napoli», ha sottolineato con orgoglio il sindaco di Cantù. Un cambio di paradigma: l’impianto non è più un costo da ammortizzare, ma un asset produttivo capace di generare valore economico e sociale.

Tortona: la visione privata colma il vuoto pubblico

La Cittadella dello Sport di Tortona, inaugurata nel settembre scorso, rappresenta un altro modello virtuoso. Il patron del Derthona Basket Beniamino Gavio ha superato «impedimenti burocratici, ritardi nelle consegne, rincari dovuti alla guerra in Ucraina» per realizzare un complesso di 70.000 mq con un palazzetto da 5.000 posti.

«Volevo fare un regalo alla città e al territorio, – ha dichiarato Gavio. – Costruire qualcosa che restasse nel tempo e diventasse un punto di aggregazione per le famiglie». La struttura, dotata delle più moderne tecnologie, ospita non solo il Derthona Basket ma anche playground outdoor, campi da padel, aree verdi, caffè ristorante, palestra e sale meeting.

La visione è chiara: «Abbiamo creato un palazzo che è un passo nel futuro, –  ha aggiunto il patron, – dotato delle migliori tecnologie, un impianto di nuova generazione in un’Italia dove gli impianti sono quasi tutti vecchi».

Venezia: il Bosco dello Sport unione tra sostenibilità e ambizione

Il progetto più ambizioso però è il Bosco dello Sport di Venezia, in fase di realizzazione a Tessera. Un ecosistema urbano integrato da 334 milioni di euro (di cui 93 dal PNRR) che comprende uno stadio da 18.500 posti e un’arena indoor da 10.000 per la Reyer Venezia.

Il piano prevede 62,5 ettari di bosco, 16 ettari di verde attrezzato e circa 60.000 alberi. L’arena riprenderà i colori delle vetrate muranesi, con tribune retrattili e pareti modulari per garantire versatilità tra sport, concerti e grandi eventi.

La concessione quarantennale alla Reyer prevede un canone annuo di 600.000 euro.

«Nessun centro commerciale, nessuna speculazione edilizia, solo strutture sportive, culturali e servizi», ha assicurato l’amministrazione comunale. L’impianto sarà completamente sostenibile: pannelli fotovoltaici, raccolta acque meteoriche, illuminazione LED di ultima generazione.

Bologna: nuovo padiglione in Fiera

Anche la squadra campionessa in carica non resta a guardare. BolognaFiere ha avviato a giugno i lavori per il nuovo padiglione polifunzionale da 10.500 posti, progettato da Mario Cucinella Architects con un investimento superiore a 70 milioni di euro. La struttura, modulare e ad alta efficienza energetica, diventerà la casa della Virtus Olidata Bologna.

«Finalmente, è dal 2019 che seguiamo questo obiettivo, – ha dichiarato il patron Massimo Zanetti a margine della conferenza stampa che ha segnato la partenza della costruzione della nuova arena bianconera. – Quando vado in giro per l’Europa gli altri hanno palazzetti incredibili, quindi era bene che anche la Virtus l’avesse». L’inaugurazione è prevista per fine novembre-inizio dicembre 2026, dopo le finali di Coppa Davis.

Il padiglione da 12.000 mq accoglierà manifestazioni fieristiche internazionali, congressi, eventi sportivi e concerti. La facciata dinamica si trasformerà in una grande lanterna urbana, capace di proiettare contenuti e raccontare gli eventi alla città.

Lo specchio estero: Valencia e il paradiso della pallacanestro

Il confronto con l’estero è impietoso. Recentemente in Spagna è stato inaugurato il Roig Arena, casa del Valencia Basket dove è scesa in campo anche la stessa Virtus. Costato all’imprenditore Juan Roig 400 milioni di euro, è una struttura all’avanguardia da 15.500 spettatori per le partite.

Ma ciò che colpisce è l’ecosistema complessivo: nel raggio di 1 km Valencia ha un palasport da 16.000 posti (Roig Arena) per la prima squadra maschile (11.000 abbonati) e femminile (4.000 abbonati, record spagnolo), un palasport da 9.000 posti (la Fonteta, costruita negli anni ’80) per il settore giovanile, e l’Alqueria, il centro giovanile di basket più grande d’Europa con 13 campi da gioco, 54 squadre giovanili, 52 spogliatoi, 2 ambulatori medici, 1 museo.

Un paradiso della pallacanestro che in Italia possiamo solo sognare. La Fonteta, considerata “vecchia” per gli standard spagnoli, in Italia sarebbe tranquillamente uno dei 3-4 migliori palasport del Paese. Una differenza che racconta tutto il gap infrastrutturale che separa i due Paesi.

Il palazzetto testimonia come investimenti infrastrutturali seri possano trasformare lo sport in motore economico e sociale. Modelli come la Uber Arena di Berlino o la Žalgirio Arena di Kaunas dimostrano che le strutture moderne non sono solo luoghi di gara, ma poli di aggregazione capaci di generare impatto economico significativo per il territorio.

La lezione: dall’emergenza all’opportunità

I progetti di Cantù, Tortona, Venezia e Bologna evidenziano che, quando visione imprenditoriale e supporto istituzionale si incontrano, anche in Italia è possibile realizzare impianti di livello europeo. 

Il basket di Serie A sta così tracciando la strada. Ora serve che il sistema Paese segua l’esempio, superando le pastoie burocratiche che bloccano troppi progetti, e trasformando l’emergenza impiantistica in un’opportunità di sviluppo economico e sociale.

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