Il weekend dell’All-Star Game 2025 a Indianapolis doveva essere una celebrazione del momento d’oro della WNBA: pubblico raddoppiato, un accordo media da 2,2 miliardi di dollari in arrivo e nuove squadre pronte a entrare nel campionato. E invece si è trasformato nel palcoscenico perfetto per far esplodere le tensioni tra le giocatrici e la lega.
Le stelle del campionato sono scese in campo con magliette che recitavano un messaggio inequivocabile: “Pay Us What You Owe Us”. Più che uno slogan, un monito chiaro in vista del rinnovo del contratto collettivo (CBA), su cui il sindacato delle giocatrici WNBPA sta portando avanti una trattativa serrata. I temi sul tavolo sono diversi, ma la richiesta principale è una: una reale condivisione dei ricavi.
Il nodo economico: stipendi, revenue sharing e nuovi equilibri
Il salario medio nella WNBA resta lontano dai livelli della NBA e, secondo quanto emerso in queste settimane, molte giocatrici chiedono un deciso passo avanti: stipendi più alti, una struttura più equa e una fetta più ampia dei ricavi generati.
«Vogliamo una fetta dell’intera torta, non solo delle briciole», ha dichiarato Kelsey Plum, guardia dei Los Angeles Sparks e vicepresidente del sindacato.
Le richieste arrivano in un momento di grande fermento economico per la lega: dopo l’ingresso della tredicesima squadra a Golden State, la WNBA ha annunciato tre nuove franchigie in arrivo a Cleveland, Detroit e Philadelphia, ciascuna con una quota di ingresso da 250 milioni di dollari.
Parallelamente, il nuovo contratto televisivo pluriennale da 2,2 miliardi entrerà in vigore nella prossima stagione, e i dati confermano una crescita a doppia cifra su ascolti (+23%), presenze negli stadi (+26%) e merchandising (+40%).
«Vogliamo aumentare significativamente salari e benefit, – ha dichiarato la commissioner Cathy Engelbert – ma serve equilibrio con la sostenibilità economica degli investimenti degli attuali proprietari. Stiamo lavorando per un accordo che funzioni per tutti: giocatrici, squadre, proprietà e futuro della lega».
Un confronto che si intensifica
Il vertice di giovedì scorso a Indianapolis ha visto la partecipazione record di oltre 40 giocatrici. È stata la prima riunione in presenza da dicembre 2024, e per molte protagoniste è stata un’occasione mancata.
«Siamo ancora lontani, – ha affermato Breanna Stewart, stella delle New York Liberty. – Si è parlato molto senza andare al cuore delle questioni».
«Speravamo che una presenza così forte producesse più risultati, – ha dichiarato Napheesa Collier, capitana all’All-Star Game e vicepresidente WNBPA. – Questo fine settimana lo useremo per mostrare il nostro valore».
Il sindacato ha sottolineato alcuni passi avanti su temi come la pianificazione familiare e le pensioni, ma restano profonde divergenze su revenue sharing, struttura salariale e priorità contrattuali.
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La posta in gioco: esclusività e futuro del calendario
Uno dei punti più delicati riguarda la prioritization: la richiesta della lega di avere la priorità esclusiva sull’attività delle giocatrici, limitando il loro coinvolgimento in campionati esteri o leghe alternative come Unrivaled o Athletes Unlimited. Una posizione che, secondo le atlete, non può essere sostenuta senza un adeguato riconoscimento economico.
«Non puoi chiedere esclusività se non sei disposto a pagarla, – ha commentato Collier. – Molte di noi giocano all’estero per integrare reddito. Se la WNBA vuole la nostra dedizione esclusiva, deve esserci un compenso adeguato».
Il tempo stringe: scadenza il 31 ottobre
L’attuale contratto collettivo, firmato nel 2020, è stato disdetto unilateralmente dal sindacato nel 2023 per avviare le trattative. Ora, la scadenza del 31 ottobre si avvicina rapidamente. La finestra è critica, considerando che la lega dovrà organizzare un draft di espansione già entro la fine dell’anno per i team in arrivo nel 2026 (Portland e Toronto). Una mancata intesa entro l’autunno potrebbe compromettere il calendario della prossima stagione.
«Non vogliamo uno sciopero, – ha detto Collier. – Ma dobbiamo restare ferme sulle nostre posizioni. Speriamo che la lega risponda con rapidità e concretezza».
Verso un nuovo equilibrio
Il futuro della WNBA non dipende solo dai nuovi contratti media o dalla popolarità crescente. Si gioca anche — e soprattutto — sulla capacità di redistribuire valore in modo equo. I recenti sviluppi confermano che le giocatrici non sono più disposte ad accontentarsi.
«Non stiamo chiedendo favori, – ha dichiarato Natasha Cloud. – Stiamo chiedendo ciò che ci spetta. Non vogliamo tenere la mano alla lega. Siamo in una trattativa: da una parte chi difende il business, dall’altra chi rivendica il proprio valore».
La WNBA è quindi un campionato in crescita esponenziale che deve decidere come redistribuire il frutto del proprio successo. Da come andrà a finire, dipenderà non solo la competitività del basket femminile statunitense, ma anche la sua credibilità sul piano economico e sociale.
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