Il dominio Red Bull sembra giunto a un punto di svolta. Non per una sconfitta tecnica, ma per una resa politica. Martedì, a sorpresa ma non del tutto, Christian Horner è stato sollevato dall’incarico di team principal della scuderia anglo-austriaca. Una decisione che chiude un’era lunga vent’anni, in cui l’ex pilota britannico ha guidato il team alla conquista di otto titoli piloti e sei costruttori in Formula 1, ma che apre ora un futuro denso di incognite.
La scelta arriva al culmine di una guerra intestina che da oltre un anno scuote la Red Bull dall’interno. Le accuse mosse a Horner per “comportamento inappropriato” hanno avviato una frattura insanabile nel management della squadra. Da una parte, Horner; dall’altra, Jos Verstappen – padre di Max – e lo storico consigliere Helmut Marko, in un braccio di ferro logorante che ha eroso progressivamente l’autorità del team principal.
Il buco nero Red Bull Racing
Nel mezzo, apparentemente neutrale ma inevitabilmente schierato, proprio Max Verstappen, vero perno attorno a cui ruota l’intero universo Red Bull. Il tre volte campione del mondo, vincitore dell’ultimo titolo tra mille difficoltà, ha visto in questi mesi allontanarsi figure chiave del progetto, su tutti il genio aerodinamico Adrian Newey. La Red Bull che si affaccia al 2026 – anno del rivoluzionario cambio regolamentare – non è più la corazzata imbattibile degli ultimi anni. McLaren domina il campionato 2025, e la RB21 appare incapace di tenere il passo.
La caduta di Horner, il cui contratto sarebbe scaduto nel 2030, arriva quindi non solo come atto finale di una lotta interna, ma anche come segnale di resa a una nuova catena di comando: quella guidata, di fatto, dalla famiglia Verstappen. Laurent Mekies, ex Ferrari e ora nuovo team principal, eredita un ambiente profondamente instabile.
La parte tecnica è indebolita, quella manageriale ancora in fase di assestamento. In questo contesto, Verstappen diventa inevitabilmente il fulcro del progetto Red Bull, ma anche il suo punto più vulnerabile.
Con l’olandese isolato e privo di un compagno di squadra realmente competitivo, l’equilibrio è sempre più precario. E mentre a Milton Keynes ci si affida quasi ciecamente a Max, sullo sfondo cresce il pressing di una Mercedes che – nonostante gli ultimi anni complicati – è convinta di poter tornare protagonista nel nuovo ciclo regolamentare.
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Il futuro di Verstappen… e non solo
Toto Wolff lo corteggia da mesi, forte della flessibilità finanziaria e della volontà di rompere anche contratti blindati, come quello che lega Verstappen alla Red Bull fino a fine 2028.
Ecco allora la domanda che aleggia nel paddock e nei consigli di amministrazione: la Red Bull ha cacciato Horner perché Verstappen stava per andarsene, o lo ha fatto per impedirglielo?
La risposta a questo interrogativo varrà non solo milioni di euro in termini di sponsorship e investimenti, ma potrebbe riscrivere gli equilibri futuri della Formula 1. Perché se il campione olandese decidesse di voltare pagina, il rischio per Red Bull non sarebbe solo quello di perdere il pilota più vincente della sua storia recente, ma di veder evaporare un intero modello vincente, in pista e fuori.
Verstappen, da parte sua, si trova di fronte a una scelta che travalica la sfera sportiva: restare in un team che ha perso stabilità, ma che gli ruota attorno, o accettare una nuova sfida tecnica e manageriale altrove, magari in una Mercedes rinata. Una decisione che non si limiterà al cronometro o al rendimento in curva 7, ma che toccherà valori, relazioni e visione del futuro.
Qualunque cosa accada, la Formula 1 è a un bivio, e Max Verstappen ne è l’ago della bilancia.