La pallavolo è pronta ad abbracciare una nuova era. La riforma del lavoro sportivo, che ha significativamente limato le differenze con le discipline dilettantistiche sul fronte dei costi e degli adempimenti, si rivela un assist prezioso per proiettare il volley nel professionismo.
«I tempi sono ormai maturi per pensare alla pallavolo come disciplina professionistica – conferma Mauro Fabris, presidente della Lega Volley femminile, intervistato da ItaliaOggi -. Una forte spinta è arrivata dalla riforma del lavoro sportivo, che ha ridotto le differenze tra professionisti e dilettanti».
Volley professionismo: il ruolo della riforma dello sport
Prima dell’approvazione, la riforma destava delle perplessità in quanto andava a gravare fortemente sia sul fronte economico che su quello organizzativo e gestionale per le società. Ora, affrontata la fase transitoria, ci si può proiettare nel futuro.
«Eravamo preoccupati dalle conseguenze della riforma che, in verità, ha avuto un impatto migliore di quello che ci attendevamo. Sono stati introdotti una serie di adempimenti e di costi a carico dei club, che stanno prendendo sempre più dimestichezza con le regole del mercato del lavoro. Già dobbiamo confrontarci con obblighi in materia di sicurezza e sul versante previdenziale. Tutti elementi che spingono verso il professionismo».
In effetti, il livello qualitativo del movimento pallavolistico azzurro è al vertice nel mondo, come testimoniato non solo dall’oro della nazionale femminile a Parigi, ma anche dalla competitività dei club a livello internazionale
«Dobbiamo uscire da questa ipocrisia per cui abbiamo atlete che sono delle star internazionali, ma che poi vengono classificate come dilettanti. Il tema è stato spesso sollevato in passato, ma mai considerato sul serio dai club, spaventati da questa possibilità. Tutto ciò, però, avveniva prima della riforma. Ovviamente, è una decisione che deve essere presa dalla Federazione; noi siamo a disposizione».
Volley professionismo: comunanza di intenti tra le parti
Arriva la conferma della comunanza di intenti anche da parte della rappresentanza dei pallavolisti, che sottolinea, attraverso il vertice della categoria, come ci sia un lavoro comune da parte di tutte le componenti per approdare a questo risultato.
«Abbiamo iniziato il percorso che porterà al passaggio al professionismo nella pallavolo – ha rimarcato a Diritto e Sport Giorgio De Togni, presidente dell’Associazione italiana pallavolisti (Aip) -. Nel 2027 terminerà lo sconto del 50% dei contributi previdenziali; a quel punto, la differenza tra un co.co.co e un lavoratore subordinato sarebbe intorno al 10%, un margine che non giustifica il mantenimento dello status di disciplina dilettantistica».

Fabris: «Il volley italiano è sul tetto del mondo, ma le istituzioni devono supportarci»
I potenziali effetti della transizione
Gli effetti del passaggio, come ricorda De Togni, sarebbero sistemici, grazie all’accesso al fondo ministeriale rifinanziato dal recente decreto Milleproroghe, che offre alle Federazioni professionistiche femminili la possibilità di godere di contributi e sostegni dedicati.
Allo stesso tempo ci sarebbero maggiori tutele per le giocatrici, oltre a una maggiore apertura del mercato: «Si aprirebbero tanti scenari. Ad esempio, verrebbe messa in discussione la possibilità di applicare delle restrizioni all’utilizzo di atlete straniere comunitarie – evidenzia Fabris –, per citare un aspetto magari meno evidente. Ma soprattutto le atlete avrebbero più garanzie; tante volte nel tempo abbiamo affrontato situazioni di ragazze in difficoltà perché il club era fallito o perché incinta. Situazioni inaccettabili in qualsiasi contesto».
Volley professionismo: le priorità per la crescita del movimento
La transizione verso il professionismo non è il solo passaggio necessario per sostenere la crescita della pallavolo in Italia. Fabris individua tre priorità da affrontare per lasciarsi indietro i problemi atavici che caratterizzano il volley in Italia.
«Le dico tre cose: la prima riguarda le infrastrutture. Servono palazzetti nuovi, in grado di supportare la crescita di questo movimento. Poi, bisogna sostenere chi investe nella pallavolo; il nostro mondo si basa su benefattori, su mecenati, che non hanno nessun ritorno dai loro sforzi. Dobbiamo aiutarli, ad esempio defiscalizzando gli investimenti nei palazzetti e nelle sponsorizzazioni. Infine, un ultimo aspetto riguarda la durata dei campionati di pallavolo: sono troppo brevi, ci sono club che iniziano ad ottobre e finiscono a marzo. Come possono avere buone performance economiche in soli sei mesi?».