Now or never. Flavio Briatore è tornato in F1, e vuole portare l’ambizione e la voglia di vincere al team Alpine, di proprietà Renault, con la casa francese che è a secco di titoli dagli anni in cui proprio il manager italiano era direttore esecutivo del team.
«Ho passato 15 anni della mia vita in F1, in realtà non sono mai uscito del tutto – ha dichiarato al Corriere della Sera -. Stefano Domenicali mi aveva nominato ambasciatore ed ero rimasto in contatto con tanti. Però non pensavo di rientrare come sono rientrato».
Briatore Alpine: il ritorno a casa
Il senso d’appartenenza proprio verso la scuderia francese, con cui tra il 2005 e il 2006 è arrivata una doppietta di titoli siglata da Fernando Alonso, l’ha convinto a sposare di nuovo il progetto.
«Questo team lo sento mio: con Luciano Benetton avevamo creato la fabbrica ad Enstone, che è stata venduta alla Renault e poi ancora alla Lotus e così via. C’è sempre stata continuità, non mi sarei mai legato a un’altra realtà. Con questa squadra abbiamo vinto sette Mondiali fra Schumacher e Alonso».
Il dirigente piemontese si è dunque fatto avanti per risollevare le sorti del team, che negli ultimi anni era caduto nelle zone basse della classifica, con l’obiettivo di riportarlo agli antichi fasti.
«Il team non era messo bene, allora ho chiamato Luca De Meo (ad del gruppo Renault ndr ) dicendogli: “Ho un po’ di tempo, se vuoi posso dare una mano”. Il mio ritorno è nato così, Luca è una persona intelligente, ha dimostrato di essere il numero uno dell’industria dell’automobile. Avere il suo sostegno ha semplificato tutto».
Briatore Alpine: ambizioni alle stelle
Briatore è consapevole che il tempo non è dalla sua parte, specie in un contesto come la F1 in cui tutto si muove molto rapidamente. Ecco che il cambio regolamentare del 2026 potrebbe essere un alleato cruciale nell’assalto al titolo.
«Il libretto delle istruzioni non l’ho smarrito. So di cosa c’è bisogno per vincere e non è dire: “serve tempo”. Nel 2026-2027 dobbiamo essere lì a giocarci il Mondiale, io ho 74 anni e di tempo non ne ho».
L’apporto di esperienza che porta Briatore può fare la differenza secondo la sua visione, e risollevare le sorti di un team che a suo dire era demotivato in tutte le componenti, e ora ha trovato una nuova verve.
«Con la motivazione crescono tutti: ho visto gente arrivare alle 3 del mattino per produrre un pezzo che può valere una posizione, finalmente ci credono. Quando sono entrato in fabbrica ho detto: “Lo so che fate macchine, ma le fate lente. D’ora in avanti rendiamole veloci, eh!».
L’aspetto sportivo: la scelta del team principal e i piloti
Nei posti chiave il manager ha dimostrato anche una buona dose di azzardo, andando a nominare come team principal il giovane Oliver Oakes, alla prima esperienza nella classe regina delle corse a quattro ruote.
«Per un team di successo servono un direttore d’orchestra e una quindicina di figure chiave. Ad Ollie dico sempre, per scherzare, che ha un vantaggio: vive a due passi da Enstone. Conosce lo sport, ha ricoperto quel ruolo in F2 ed F3. Gran lavoratore, serviva qualcuno che spingesse».
Una chiosa sulla squadra di piloti, con Jack Doohan che si appresta a iniziare il mondiale con Franco Colapinto, ingaggiato come terzo pilota, pronto a subentrare in caso di prestazioni non all’altezza.
«Doohan parte, poi ci sarà una revisione di dove siamo. I piloti sono gli amministratori delegati della squadra, sono coloro che portano i risultati. Mille persone lavorano per loro, devono sentire la responsabilità. In F1 i bilanci si fanno ogni domenica».