Nike ha chiuso il primo trimestre (giugno-agosto 2022) dell’esercizio 2022-2023 con ricavi per 12,7 miliardi di dollari (circa 12,9 miliardi di euro), in rialzo del 4% rispetto allo stesso periodo di un anno fa e oltre le attese degli analisti, che si aspettavo ricavi per 12,29 miliardi di dollari.
Ricavi in crescita per Nike in quasi tutte le principali aree geografiche, ad eccezione della Cina, dove i ricavi del trimestre si sono ridotti del 16% a 1,65 miliardi di dollari, a causa delle restrizioni per il Covid-19. Bene invece le altre geografie dal Nord America (+13% a 5,51 miliardi) all’area EMEA (+17% a 3,33 miliardi) fino all’Asia Pacific & Latin America (+16 a 1,53 miliardi).
Ad alimentare però lo scetticismo del mercato sono i numeri e le dichiarazioni sulla redditività del gigante di Beaverton. Nei tre mesi l’utile del gruppo ha segnato un -22% a 1,5 miliardi di dollari, mentre il gross margin è diminuito di 220 punti base al 44,3%, principalmente a causa degli elevati costi di trasporto, di margini più bassi nel business Nike Direct, di variazioni sfavorevoli dei tassi di cambio.
A conferma delle complessità legate alla logistica, le giacenze di Nike sono state di 9,7 miliardi di dollari, in aumento del 44% rispetto al periodo dell’anno precedente (in Nord America, principale mercato di Nike, le giacenze sono balzate addirittura del 65%), a causa dalle elevate scorte in transito, legate alla continua instabilità della catena di approvvigionamento e smaltite solo in parte dalla domanda dei consumatori.
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Il presidente e CEO di Nike, John Donahoe, ha parlato di un «buon inizio per l’esercizio 2023» che «evidenzia la profondità e l’ampiezza del portafoglio globale di Nike», mentre l’azienda continua a gestire la volatilità del mercato. «I nostri vantaggi competitivi – ha aggiunto Donahoe -, inclusa la forza del nostro marchio, le connessioni dei consumatori e la pipeline di prodotti innovativi continuano a dimostrare che la nostra strategia sta funzionando. Ci aspettiamo che la nostra incessante attenzione a servire meglio i clienti continui ad alimentare la crescita e creare valore come solo Nike può fare».
«Stiamo intraprendendo azioni decisive per eliminare le scorte in eccesso», ha spiegato Matt Friend, CFO di Nike, nella conference call a commento del bilancio. Il manager ha affermato che ciò dovrebbe avere «un impatto transitorio sui margini lordi quest’anno fiscale», ma ha aggiunto che «questo costo sarà di gran lunga superato dal vantaggio di liberare la capacità del mercato». Secondo David Swartz, analista di Morningstar, la prossima holiday season vedrà «significativi ribassi» da parte del brand.
«Nike – riflette Bloomberg – è solo l’ultima delle aziende alle prese con un panorama economico sempre più complesso, iniziato con ritardi nella catena di approvvigionamento e congestioni nei porti. Quando poi i brand sono stati in grado di rifornire i negozi, la domanda è cambiata, poiché l’inflazione continua ad erodere il potere d’acquisto di alcuni consumatori».