NBA Europe, la rivoluzione è partita: «C’è un impulso fortissimo»

Il direttore generale della lega per Europa e Medio Oriente fa il punto sul progetto della nuova competizione europea: l’obiettivo è sfruttare il potenziale commerciale inespresso della palla a spicchi.

Aivazoglou NBA Europe
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La NBA fa da ponte tra i due oceani. Mentre il basket continua a crescere come secondo sport più popolare nel Vecchio Continente, la lega nordamericana sta lavorando ad un progetto ambizioso: una nuova competizione europea transnazionale. 

Un piano che promette di ridefinire l’ecosistema cestistico.A guidare questa fase cruciale è George Aivazoglou, direttore generale della NBA per Europa e Medio Oriente, che in un’intervista rilasciata ad AS ha fatto il punto sul progetto.

Le interlocuzioni in corso e il formato

Il progetto sta decollando, mentre proseguono senza sosta le interlocuzioni con investitori e club con l’NBA che sta costruendo passo dopo passo la fisionomia della nuova competizione in vista del debutto previsto nel 2027.

«C’è un impulso tremendo da quando abbiamo fatto l’annuncio congiunto. Siamo in uno stadio avanzato di questa fase esplorativa. In estate abbiamo ingaggiato due banche come consulenti, JP Morgan e Raine, e manteniamo conversazioni con molte parti interessate: investitori, squadre e altri attori».

Il format immaginato ricalca il modello sportivo americano con franchigie permanenti che portano stabilità economica adattandolo al contesto europeo che impone una apertura – quantomeno parziale – tramite le qualificazioni. 

«Stiamo lavorando e pensando di lanciare la competizione nell’ottobre 2027, a meno di due anni di distanza. Vogliamo iniziare con 16 squadre, di cui dodici saranno franchigie permanenti e altre quattro dovranno qualificarsi. Ci sono molti club interessati a partecipare al progetto: grandi realtà del basket e club di calcio che non hanno una sezione cestistica ma che vogliono crearla perché la NBA arriva in Europa. Siamo in conversazione con tutti».

Il potenziale commerciale del basket europeo

L’apertura ai club calcistici che intendono creare una sezione cestistica è un segnale della forza attrattiva del marchio NBA, capace di smuovere anche realtà non tradizionalmente basket-oriented.

«Per quanto riguarda le città, il basket europeo non sta materializzando il valore che dovrebbe. È il secondo sport più popolare, come sapete, con 270 milioni di appassionati nel continente. Cresce più rapidamente del calcio. Ma poi si vede il valore generato complessivamente dalle leghe, sia paneuropee sia nazionali, e il loro apporto non supera lo 0,5% dell’industria sportiva in Europa».

L’analisi di Aivazoglou tocca un nodo da anni irrisolto: la sproporzione tra popolarità e rendimento economico del basket europeo: l’avvento dell’NBA si propone di incidere fortemente sul fronte commerciale colmando il gap esistente.

«Le ragioni sono diverse e le squadre perdono denaro, e ci sono motivi anche per questo. Uno di questi è la mancanza di presenza in alcune grandi città europee con milioni di abitanti e una forte passione per il basket. E lo vediamo quando portiamo partite NBA in quei luoghi: i biglietti si vendono rapidamente e c’è molto interesse; ma al momento non hanno una squadra nella massima competizione».

La nuova geografia cestistica del Vecchio Continente

L’assenza di club rappresentativi nelle metropoli chiave penalizza l’audience: bacini di utenza significativi non vengono sfruttati: da qui parte l’idea di ridisegnare la geografia cestistica del Vecchio Continente.

«Ora, solo poco più del 10% delle squadre europee può giocare l’Eurolega, per cui più dell’80% dei tifosi non ha possibilità di vedere la propria squadra nella principale competizione. Bisogna trovare modi per attirare quei tifosi. È qualcosa che la NBA riesce a fare e si nota nei suoi ricavi, in quegli accordi televisivi che valgono quasi 80 miliardi. È un marchio globale, e vogliamo che la Lega che lanceremo abbia anche un’audience globale, cosa che aiuterà le squadre a essere redditizie. Ora perdono denaro, da decenni. C’è molto che possiamo fare».

L’idea di fondo è semplice: una lega europea che parli al mondo intero, sfruttando il potenziale globale delle metropoli partecipanti. Un impianto che possa rendere sostenibile un movimento oggi strutturalmente in perdita.

Il rapporto con l’Eurolega e le competizioni nazionali

Il nodo cruciale rimane il rapporto con l’Eurolega. L’NBA si dice disponibile a dialogare, ma non rinuncia alla convinzione di proporre un modello alternativo, anche se permangono divergenze da sciogliere per mettersi a fattor comune.

«Siamo ancora aperti a discutere. Ci siamo incontrati varie volte negli ultimi sei mesi. L’ultima, a Ginevra circa un mese fa. E accetteremmo con piacere un invito della FIBA per continuare le conversazioni. Crediamo che le idee che ho esposto siano le migliori per il futuro del basket europeo, bisogna risolvere i problemi che sono diventati un ostacolo al suo sviluppo. Dobbiamo allinearci sulle possibilità che si presentano, ma anche sui problemi che ci sono stati».

Aivazoglou punta su un modello inclusivo, che non schiacci le leghe nazionali ma le valorizzi. L’idea è creare una competizione di vertice che rafforzi la piramide sottostante, innescando un circolo virtuoso.

«Dovrebbe esserci una convinzione condivisa che il concetto di cui parliamo sia il migliore per lo sviluppo del basket in Europa, anche perché è costruito insieme alle federazioni e alle leghe nazionali. Ciò lo rende molto più prezioso per la base della piramide, cioè quelle leghe in cui si sviluppa il talento giovane e si coltiva l’interesse dei tifosi. In questo modo si può elevare l’intero ecosistema, con questo e con l’ingresso di alcune città strategiche che ora non sono incluse nella mappa».

Il peso del marchio NBA

L’NBA oltre al basket porta cultura pop. È qui che risiede il suo valore aggiunto rispetto ai competitor europei: la capacità di attrarre audience non tradizionali è uno dei pilastri del progetto.

«Non è solo la migliore competizione di basket del mondo: è quella che attrae più amanti di questo sport, ma anche un altro tipo di pubblico. Quelli interessati alle grandi storie dei migliori giocatori, al modo in cui il loro marchio si mescola con il mondo della moda e alla musica.  Questo genera un’audience molto più ampia, più diversificata, qualcosa di molto importante dal punto di vista commerciale. Bisogna imparare da questo e diversificare, arrivare in grandi Paesi che non sono rappresentati».

Infine, il dirigente greco si è soffermato sulla prospettiva di tornei che coinvolgano sia Europa che Stati Uniti. L’obiettivo è avvicinare i due mondi, creando prodotti che parlino a un pubblico globale e che portino valore anche ai club europei.

«Queste possibilità di collaborazione rappresentano una delle cose più suggestive fra tutte quelle ipotizzate per il futuro. Ci sono molte modalità per impostare questa integrazione Ci sono molte cose che si possono fare e che sono molto positive per i tifosi».

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