Una nube si abbatte sui conti di Puma. Il gruppo tedesco dell’abbigliamento sportivo ha annunciato una revisione al ribasso delle previsioni per il 2025, che ora indicano un calo delle vendite e una perdita operativa.
A pesare sulle stime per l’esercizio in corso sono stati una serie di fattori negativi: dazi statunitensi, effetti valutari sfavorevoli, e un rallentamento generalizzato delle vendite, soprattutto in Nord America ed Europa, riporta Il Sole 24 Ore.
I dati preliminari del secondo trimestre hanno confermato le difficoltà: nei tre mesi chiusi a giugno, il fatturato a cambi costanti si è attestato a 1,94 miliardi di euro, in calo del 2% rispetto all’anno precedente e inferiore alle previsioni degli analisti.
Risultati del trimestre sotto le attese
Le vendite in Nord America sono scese del 9,1%, mentre in Europa il calo è stato del 3,9%. L’impatto delle valute è costato all’azienda 135 milioni di euro, aggravando ulteriormente il carico sui conti.
Il margine lordo è diminuito di 70 punti base, attestandosi al 46,1%, principalmente a causa di maggiori attività promozionali e dell’effetto cambio. L’Ebit rettificato è stato negativo per 13,2 milioni di euro, mentre la perdita netta del trimestre ha raggiunto i 247 milioni.
Le giacenze di magazzino sono aumentate del 9,7% su base nominale e del 18,3% a cambi costanti, toccando quota 2,15 miliardi di euro. L’intero primo semestre si è chiuso con un calo del fatturato dell’1% a 4,02 miliardi e una perdita netta di 246,6 milioni.
Profondo ridimensionamento delle previsioni per il 2025
A fronte di questi risultati, Puma ha comunicato una drastica revisione delle stime per il 2025, che ora prevedono una contrazione delle vendite di almeno il 10% a cambi costanti, un ribaltamento rispetto alla precedente previsione di crescita tra l’1% e il 5%.
Ancora più allarmante la previsione sull’Ebit: da un utile stimato tra 445 e 525 milioni di euro, l’azienda ora si attende un risultato in territorio negativo. L’azienda ha spiegato che il taglio delle previsioni è dovuto al deludente andamento dei ricavi
Inoltre, è forte l’impatto dei dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni da Cina, Vietnam, Cambogia e Bangladesh, i paesi dai quali Puma produce e spedisce gran parte dei suoi prodotti, a cui si aggiunge un contesto geopolitico e macroeconomico volatile.
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Difficoltà strutturali per il brand
Solo l’effetto dei dazi americani dovrebbe avere un impatto negativo sull’utile lordo per circa 80 milioni di euro, nonostante le contromisure adottate come l’ottimizzazione della supply chain, l’aumento dei prezzi e una più stretta collaborazione con i partner.
Al di là delle dinamiche macroeconomiche, Puma deve fare i conti anche con problemi strutturali legati al marchio. Già a marzo, l’azienda aveva annunciato tagli al personale e lanciato un warning sulla debolezza della domanda negli Stati Uniti.
Le criticità sono tali che già ad aprile il consiglio di amministrazione ha nominato un nuovo ceo nel tentativo di rilanciare il gruppo. Arthur Hoeld, ex responsabile delle vendite di Adidas, è entrato in carica ufficialmente il 1° luglio.
Reazioni degli analisti
Gli analisti osservano che il brand fatica ad attrarre nuovi consumatori, e che il rilancio di modelli iconici come la sneaker Speedcat non ha ottenuto il successo sperato e a rilanciare le performance aziendali.
La reazione degli analisti non si è fatta attendere. J.P. Morgan ha definito i risultati e la nuova guidance “significativamente inferiori alle attese“, prevedendo una revisione al ribasso delle stime sugli utili per azione e una reazione negativa da parte del mercato.
UBS ha confermato la valutazione negativa sul titolo, mentre Jefferies ha mantenuto il rating ‘Neutrale’. Il marchio di abbigliamento dovrà necessariamente cambiare passo per recuperare la redditività perduta e riconquistare la fiducia dei mercati