Il Cavallino rampante sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia borsistica. Ferrari ha perso circa 30 miliardi di euro di capitalizzazione da febbraio a oggi, con il titolo crollato da oltre 480 euro per azione a 310 euro nella seduta del 10 dicembre, quando ha registrato un calo del 4,4%.
La debacle si è accentuata negli ultimi due mesi: dal 7 ottobre, alla vigilia della presentazione del piano industriale, il titolo ha bruciato oltre 17 miliardi di capitalizzazione, perdendo il 21,24% del suo valore. Una valanga partita proprio dopo l’annuncio della strategia al 2030.
Un piano giudicato troppo prudente
Il programma presentato dalla Casa di Maranello prevede 9 miliardi di ricavi nel 2030 e 4,7 miliardi di investimenti nei prossimi cinque anni, con la prima vettura elettrica in arrivo nel 2026. Ma la strategia sulla transizione ecologica – 40% benzina, 40% ibrido e solo 20% elettrico – non ha convinto gli investitori, che l’hanno definita eccessivamente cauta.
Come riporta Il Sole 24 Ore, «la Borsa ha giudicato il piano troppo prudente». Mercoledì 10 dicembre Jefferies ha tagliato il target price da 345 a 310 euro, riducendo le stime per i prossimi tre anni. Gli analisti prevedono consegne in calo dello 0,4% nel 2026, contro un consensus che stimava crescita dell’1,1%.
Anche Morgan Stanley ha avviato la copertura con rating “equal-weight” e target a 367 euro, evidenziando tre criticità: crescita inferiore alle attese, pressioni sui valori residui e rischi di esecuzione sul lancio elettrico.
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Le incertezze del mercato
A pesare sul titolo anche le difficoltà macroeconomiche globali e l’incertezza sui dazi di Donald Trump. Già in estate erano arrivati i primi segnali: il fatturato del secondo trimestre era cresciuto del 4,4% a 1,79 miliardi, ma sotto le attese di 1,82 miliardi.
Nonostante la Ferrari resti nel suo mondo dorato e continui a macinare trimestrali solide, il 2025 si sta rivelando un anno complesso sui mercati. Gli investitori chiedono maggiore coraggio sulla transizione elettrica, anche se una strategia pragmatica potrebbe incontrare il favore degli appassionati del marchio, molti dei quali vedono con scetticismo l’arrivo della Ferrari a batterie.
Quanto accade in Borsa o in pista non sembra attaccare la nomea del brand, anzi. Il fatto che nonostante il 2025 sia stato uno degli anni più deludenti in F1, il team di Maranello sia quello che valga di più, la dice lunga sulla forza della Ferrari.
Morgan Stanley, pur mantenendo una valutazione neutrale, riconosce che «la forte brand equity di Ferrari, la strategia basata sulla scarsità e la solida capacità esecutiva restano centrali per il suo appeal di lungo termine».
La sfida ora è convincere anche Wall Street.