Masters 1000 e Finals: il segmento premium ATP genera 600 milioni di fatturato

Il motore economico del circuito rimangono gli eventi della massima categoria, la cui licenza arriva a valere 500 milioni di euro, anche se gli Slam restano inarrivabili.

Masters 1000 fatturato
i numeri del circuito
Photo by: Rolex/Antoine Couvercelle

Il tennis registra numeri da record. Ai circoli storici e alle federazioni, soggetti alla base del modello, si stanno sempre più affiancando investitori istituzionali e famiglie facoltose per sostenere economicamente lo sviluppo degli eventi e valorizzarne il potenziale commerciale.

Il circuito maschile si basa infatti su 60 licenze, ciascuna corrispondente a un torneo, che vengono assegnate agli organizzatori, ai quali è affidata la gestione totale dell’evento, come riporta La Gazzetta dello Sport.

Il sistema delle licenze

Entrare in possesso di una licenza significa, in pratica, diventare proprietari del torneo finché si rispettano i requisiti richiesti oppure non scade il contratto, che in genere ha durata trentennale per i Masters 1000

Le licenze dei grandi tornei rappresentano asset di valore eccezionale: il valore per gli eventi di massima categoria del circuito arriva a toccare i 500 milioni di euro, come testimoniato dalle recenti transazioni.

L’ultima grande operazione di mercato ha riguardato gli ATP 1000 di Miami e Madrid. La società IMG (del gruppo Endeavor) ha ceduto i due tornei alla holding Mari, guidata da Ariel Emanuel, ceo di TKO

L’acquisizione di Madrid e Miami

La cordata di investitori che ha completato l’acquisizione è di altissimo profilo, e vede coinvolti  RedBird di Gerry Cardinale, Apollo Global Management, Qatar Investment Authority, Stephen Ross (proprietario dei Miami Dolphins) e persino la star NBA Luka Dončić

La valutazione complessiva dei due eventi – che comprendono anche il torneo femminile di pari rango – ha superato il miliardo di dollari, superando una folta concorrenza tra cui figurava anche il fondo CVC

Come raccontato da Sport e Finanza, anche la Federazione italiana (FITP) affiancata dal fondo EQT è stata della partita, interessata a rilevare lo slot di Madrid per espandere gli Internazionali d’Italia inseguendo il sogno quinto Slam.

Gli investimenti infrastrutturali

Aldilà della fee iniziale, l’impegno economico più consistente riguarda i costi di gestione, a partire dal montepremi passando per logistica e servizi per i tifosi. La voce più corposa riguarda gli investimenti in infrastrutture per espandersi ed elevare continuamente la qualità dell’esperienza. 

Negli ultimi anni quasi tutti i grandi eventi hanno affrontato ristrutturazioni milionarie: Cincinnati, di proprietà del miliardario Ben Navarro, ha appena completato un rinnovamento da 260 milioni di dollari.

Allo stesso tempo Indian Wells, acquistato da Larry Ellison nel 2009, è stato rilanciato con 230 milioni di investimenti e oggi è considerato uno dei tornei modello dell’intero circuito, mentre a Roma sono stati stanziati 60 milioni per modernizzare il Foro Italico.

Il giro d’affari dei grandi tornei

Sul futuro, però, incombe la presenza saudita. Il fondo sovrano PIF, già partner di ATP e WTA, si è assicurato la licenza per un nuovo Masters 1000 che entrerà in calendario nel 2028, collocato a febbraio. 

L’investimento previsto è enorme: 2,5 miliardi di dollari. Il formato sarà più compatto – una sola settimana, come Montecarlo – mentre gli altri sette Masters seguono il modello esteso a 12 giorni, ritenuto oggi fondamentale per la crescita commerciale. 

Oggi l’insieme dei nove Masters 1000 e delle ATP Finals genera un fatturato aggregato di circa 600 milioni di dollari, provenienti soprattutto da biglietteria e sponsorizzazioni. Nel 2024, gli utili complessivi dei tornei di categoria 1000 si sono aggirati intorno ai 110 milioni.

Una parte delle risorse generate rientra anche ai tennisti: esclusi i 72,6 milioni di montepremi, l’ATP ha distribuito ai giocatori 18,3 milioni grazie alla regola che divide al 50% gli utili con gli organizzatori.

Una governance frazionata

Al di fuori di questo sistema restano però gli Slam, che pur essendo formalmente sotto l’ombrello dell’ITF operano in totale autonomia. Sono tornei unici, non replicabili, perché possono estendersi fino a venti giorni e hanno un peso storico e commerciale inarrivabile.

Appartengono alle rispettive istituzioni nazionali –Tennis Australia, la Federazione francese, l’All England Club e l’USTA – e generano ricavi enormi, dai circa 350 milioni del Roland Garros ai 500 degli US Open

È proprio osservando questo modello che il presidente ATP, Andrea Gaudenzi, ha tracciato la linea strategica del futuro: «La nostra strategia è chiara: concentrarci sul prodotto premium, ovvero i Masters. Il motivo è molto semplice: dobbiamo offrire la migliore esperienza possibile ai tifosi». 

Nell’ambito di una governance frazionata in sette entità – i quattro Slam, l’Itf, l’Atp e la Wta – che rallenta il decision making e rende difficile un coordinamento efficace, chi ha in mano le chiavi del business detta il ritmo del tennis globale.

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