L’Eurolega si prepara all’arrivo di NBA Europe. Il ceo della massima competizione del Vecchio Continente Paulius Motiejunas fa il punto in un’intervista rilasciata a Sky sulle possibili conseguenze di una nuova lega.
Il dirigente con un passato allo Zalgiris Kaunas e alla guida dell’Eurolega dal 2023, oggi lavora per continuare nel solco dello sviluppo sportivo e commerciale e allo stesso tempo trovare un terreno comune con il progetto targato NBA.
La piramide del basket europeo
Secondo l’ex cestista, l’ingresso di un nuovo torneo non porterebbe crescita, ma caos. Il ceo ritiene che, essendo l’attuale ecosistema già complesso, aggiungere un livello ulteriore rischierebbe di minare la comprensibilità e l’identità del basket europeo, con la conseguenza di disorientare i tifosi.
«Io credo fermamente che non abbiamo bisogno di un’altra lega, perché creerebbe confusione per i tifosi. Abbiamo già quattro competizioni europee, ce ne sarebbe una quinta e questo andrebbe contro l’idea di costruire una vera ‘piramide’ del basket europeo. Aggiungere un’altra lega significherebbe rompere l’equilibrio del sistema attuale, creando sovrapposizioni e complicazioni di calendario. Non è questo che serve al nostro sport».
Il dirigente lituano sostiene che l’interesse crescente dell’NBA deriva principalmente dalla crescita dell’Eurolega che ha reso più attrattivo e di conseguenza appetibile il mercato cestistico.
«Abbiamo iniziato ad avere queste conversazioni già nel periodo pre-covid, quando NBA aveva mostrato un interesse iniziale ma meno concreto. Oggi hanno un approccio più aggressivo perché stiamo facendo molto bene, e il basket europeo sta crescendo grazie ai club, ai nuovi mercati e alle idee innovative che abbiamo portato. C’è potenziale enorme e tanti investimenti privati che continuano ad arrivare».
I presupposti per dialogare e il ruolo di FIBA
La disponibilità al confronto c’è, nel solco di un principio chiaro: valorizzare le competenze di entrambe le organizzazioni e metterle a fattor comune nell’interesse di far raggiungere il massimo potenziale al basket europeo.
«Se ci interessa il bene del basket dovremmo sederci e trovare un modo per farlo crescere. Creare una nuova lega non vuol dire far crescere quella già esistente, ma piuttosto demolire e cambiare il sistema nel modo peggiore. L’Eurolega sarà aperta, se questo aiuterà il basket europeo, i tifosi e la community, ma serve responsabilità. C’è differenza tra costruire e distruggere ciò che esiste: noi vogliamo costruire».
In questo laborioso processo il ruolo di FIBA viene riconosciuto come fondamentale per facilitare un dialogo costruttivo che possa far trovare un terreno comune e giungere al risultato di unione delle forze.
«Devo ringraziare FIBA perché sta cercando di mettere insieme le due parti e perché continuano costantemente a mostrare che la miglior soluzione sarebbe sederci tutti, creare valore per il nostro prodotto e vedere come il basket europeo possa essere sviluppato al posto di andare avanti separatamente. Abbiamo 26 anni di esperienza, abbiamo tifosi, know-how. Il primo step è capire come aiutarci, non competere inutilmente».
Il coinvolgimento dei club calcistici
L’Eurolega, pur rimanendo aperta ad una collaborazione, non ha al momento contatti strutturati con la lega nordamericana, che è ancora impegnata nel delineare un piano preciso in vista della partenza prevista nel 2027.
«Per quel che ci riguarda, penso che potremmo ancora trovare un modo per lavorare insieme, ma al momento non ci sono sviluppi. Restiamo in attesa di capire quale sia la reale direzione del progetto. Sappiamo solo quello che è stato detto pubblicamente. Loro hanno annunciato le città e hanno annunciato la data di partenza, ma ci sono ancora molti interrogativi».
Aldilà delle tematiche ancora da smarcare, il piano di Adam Silver prevede un ruolo cruciale da parte dei club calcistici, coinvolgendo sia le polisportive attualmente esistenti e militanti in Eurolega come Real Madrid, Barcellona e anche Bayern Monaco, sia società pronte a estendere il loro raggio d’azione.
«I marchi legati al calcio sono tra i più importanti al mondo, ed è normale pensare che possano attrarre più pubblico. Ma questo non significa che legare basket e calcio garantisca risultati. Alcuni club lo fanno bene, altri molto meno. Il Bayern è un esempio virtuoso, cresciuto passo dopo passo; altri club invece non hanno monetizzato come avrebbero potuto. Avere una squadra di calcio dietro non basta».
La geografia di NBA ed Eurolega
Il progetto di NBA Europe vede in prima linea i grandi mercati europei, con la prima bozza circolata che vede dodici franchigie permanenti di cui Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Spagna ne dovrebbero esprimere due ciascuno, mentre a Grecia e Turchia sarebbe riservato un posto a testa.
Agli occhi di Motiejunas questa scelta non valorizza a sufficienza nazioni centrali nel panorama europeo come Grecia e Turchia e penalizza un altro paese con forte tradizione come la Serbia, esclusa dalla composizione disegnata.
«Sono felice che NBA non abbia voluto dare una chance a mercati come Grecia, Turchia e Serbia, perché rappresentano il cuore del nostro basket. L’Eurolega parte dallo sport e costruisce il business attorno ad esso; l’NBA fa il contrario: parte dal business e porta il basket dopo. Questo rischia di danneggiare i tifosi e l’intero sistema europeo, che conosciamo profondamente dopo 25 anni di attività e sviluppo».
L’Eurolega risponde con una visione ambiziosa, che si basa sul valorizzare il nucleo storico e contemporaneamente ampliarsi con l’ingresso di più squadre e l’apertura verso nuovi mercati. L’idea di mettere in piedi due gironi permetterebbe al contempo di proteggere le competizioni nazionali e rendere meno congestionato il calendario internazionale.
«Abbiamo un piano chiaro su come vogliamo che la lega cresca. Abbiamo sempre detto di volere più squadre e di voler valutare un possibile cambio del girone unico, magari con due gironi per proteggere i campionati nazionali e le finestre delle Nazionali. Vogliamo espanderci, vogliamo nuovi mercati come Dubai e le Final Four ad Abu Dhabi sono state un segnale forte. Stiamo già cambiando la strategia commerciale per questa visione».
Il fronte commerciale e la sostenibilità economica
L’apertura verso gli Emirati ha già dato forti risultati,con Etihad Airways ed Experience Abu Dhabi che sono diventati i main sponsor della competizione dopo le Final Four negli Emirati e l’ingresso di Dubai con licenza triennale.
«Siamo molto felici di avere 20 squadre. Sappiamo che il calendario è impegnativo, ma crediamo che in futuro potremo aumentare ancora il numero dei team. L’ingresso di Dubai è stato un successo: ha creato un nuovo mercato e ha mostrato agli Emirati la qualità del basket europeo. Le Final Four lì sono state solo il primo passo: il secondo è avere partite di Eurolega ogni settimana, sostenute da un accordo televisivo che porta il basket gratis in 100 milioni di case».
Nonostante i progressi sul fronte commerciale la questione dell’equilibrio economico resta complessa. In questo senso la regolamentazione finanziaria entrata in vigore quest’anno con al centro il Salary Cap è un primo tentativo di contenere le spese..
«La sostenibilità economica è qualcosa che stiamo cercando di raggiungere. Quando entri in Eurolega hai molti ricavi potenziali, tra eventi, biglietteria e visibilità. Alcune squadre lo sfruttano bene, altre devono ancora imparare. Il Salary Cap è stato introdotto proprio per controllare le spese: vuole aiutare a trovare equilibrio, anche se non tutti i club hanno la stessa visione. Serve tempo, ma è un passo nella giusta direzione».
Il format e le prospettive future
Tra le possibili direzioni che potrebbe intraprendere la competizioni si parla di un formato con sistema misto tra licenze e qualificazioni che da un lato potrebbe risultare maggiormente meritocratico ma dall’altro incidere negativamente sull’equilibrio competitivo coinvolgendo club non in grado di reggere gli standard sportivi ed economici.
«Lo abbiamo già avuto nel passato un sistema misto, e la vita va a cicli. Non abbiamo problemi a discuterne, ma è fondamentale che le squadre qualificate possano mantenere il livello dell’Eurolega. Giocare una volta a settimana non è come affrontare doppi turni, trasferte e un calendario molto più intenso. Richiede risorse, roster profondi e una struttura completamente differente».
L’Eurolega, per voce del suo ad, guarda avanti con fiducia, sempre pronta a interlocuzioni ma al contempo determinata a rimanere protagonista e prosperare anche in caso di forti scossoni nell’ambiente circostante
«Saremo la migliore lega in Europa, siamo qui per restare, per imparare, per aggiustarci. Il futuro è luminoso e sono ottimista. Forse il prossimo step sarà avere 22 o 24 squadre, un calendario diverso e più partite, o un sistema completamente rinnovato. Ma tutto è possibile solo se proteggiamo il gioco e i tifosi: prima il basket, poi il business. È questo che ci ha resi forti per 25 anni».