La WNBA ha messo sul tavolo quella che potrebbe essere la proposta decisiva per chiudere mesi di trattative tese con l’associazione giocatrici. Secondo quanto riportato da Associated Press ed ESPN, la lega ha presentato un’offerta che prevede stipendi massimi fino a 1,1 milioni di dollari, con la possibilità per ogni squadra di garantire questa cifra a più di una giocatrice.
L’importo, equivalente a circa 951.000 euro, crescerà progressivamente in ogni stagione successiva.
Ma è l’intero impianto salariale a subire una rivoluzione. Il salario minimo passerebbe dagli attuali 66.000 dollari a 220.000 dollari, mentre la retribuzione media supererebbe i 460.000 dollari. Già nel primo anno del nuovo accordo, oltre 180 atlete beneficerebbero di questi aumenti sostanziali.
Il confronto con l’attuale sistema salariale evidenzia il salto qualitativo della proposta. Nel 2025, il tetto complessivo per squadra si ferma a 1,5 milioni di dollari, con un massimo individuale di appena 249.000 dollari. L’incremento annuale del salary cap è fissato al 3% circa, indipendentemente dalla crescita effettiva dei ricavi. Una clausola di redistribuzione degli introiti esiste già nell’accordo vigente, ma non è mai stata attivata poiché la lega non ha mai raggiunto gli obiettivi di fatturato previsti.
La corsa contro il tempo
L’urgenza è palpabile. Il contratto collettivo attuale sarebbe dovuto scadere il 31 ottobre, ma la deadline è stata posticipata al 30 novembre. Senza un’intesa entro questa data, scatterebbe automaticamente un lockout che bloccherebbe tutte le attività della lega e impedirebbe qualsiasi contatto tra franchigie e giocatrici.
L’NBA ha vissuto l’ultima serrata nel 2011, mentre nella MLB l’ultimo lockout risale al 2022.
Le giocatrici potrebbero però optare per altre strade: uno sciopero per paralizzare la competizione, oppure sciogliere il sindacato e avviare un’azione legale contro la lega per violazione delle norme antitrust. In assenza di un contratto collettivo, infatti, il tetto salariale e le regole sulla free agency potrebbero essere considerate restrizioni illegali alla concorrenza, come sottolinea Sportico.
L’accordo è reso ancora più necessario dall’imminente espansione: nel 2026 si aggiungeranno Toronto e Portland, e senza un CBA non sarà possibile definire le regole del draft per le nuove franchigie, bloccando la pianificazione dei roster.
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Un rapporto ai minimi termini
Le tensioni tra dirigenza e giocatrici si trascinano da mesi. Le atlete hanno formalmente rinunciato all’attuale CBA nell’ottobre 2024, subito dopo la vittoria del primo titolo delle New York Liberty. Nella lista delle priorità stilata dalla WNBPA, la compartecipazione ai ricavi occupava il primo posto.
Le critiche pubbliche hanno raggiunto toni durissimi. “Quando le giocatrici parlano, bisogna sedersi e ascoltare, – ha dichiarato alla CNBC Becky Hammon, allenatrice dei Las Vegas Aces. – Credo che ora si stia sedendo e ascoltando. Spero che lo avrebbe fatto prima. Non so se Engelbert potrà mai recuperare quella trazione persa“.
La dirigenza della WNBA ha sempre espresso preoccupazione per un modello di condivisione troppo generoso, temendo ripercussioni sulla stabilità finanziaria di lungo periodo. Le giocatrici, dal canto loro, lamentano la mancanza cronica di trasparenza sui bilanci della lega, che non permetterebbe loro di valutare con precisione la reale situazione economica per formulare richieste congrue.
A fine ottobre, un portavoce della lega aveva già anticipato che le proposte complete includono una componente di condivisione delle entrate che comporterebbe un aumento della retribuzione all’aumentare delle entrate, senza alcun limite al rialzo.
Per la prima volta dall’inizio delle trattative, tuttavia, si registra un riscontro positivo a una proposta della WNBA. Un segnale che potrebbe aprire la strada a un accordo prima della scadenza cruciale e scongiurare lo scenario peggiore per una lega in piena crescita.