Gianni Petrucci ha trasformato la distanza in prospettiva, una dote che oggi esercita con passo lieve nel complesso panorama della politica sportiva, dove molti cadono e lui continua a muoversi con naturale eleganza.
Presidente del Coni per 14 anni e da 13 nuovamente alla guida della Federbasket, appare come uno dei principali sostenitori del nuovo assetto istituzionale: «Nella vita ho sempre sposato il principio che le battaglie da combattere sono quelle che si possono vincere. Stiamo lavorando in grande sintonia con Sport e Salute e con il ministro Abodi».
Il nuovo equilibrio
Alla domanda se l’ascesa di Sport e Salute abbia ridimensionato il Coni, Petrucci risponde senza esitazioni.
«Il Coni non è più quello di un tempo, quello fino al primo Malagò, – riporta il Corriere dello Sport. – Ha un ottimo presidente come Buonfiglio, che io ho votato, e un segretario generale come Mornati, che è una garanzia. Ma la storia è cambiata».
Con l’arrivo dei contributi pubblici, il presidente della FIP ha chiesto di valutare la specificità delle discipline, sottolineando come i costi di uno sport professionistico non siano paragonabili ad altri. Sul tema dei controlli finanziari, mentre la Figc è sul piede di guerra, Petrucci ribadisce:
«Noi li abbiamo accettati e sostenuti fin dal principio. Il controllo, se delegato, funziona meglio. Non vogliamo centri di potere, che poi diventano centri di problemi».
Restando in temi economici, il basket, come il calcio, si apre ai fondi di investimento. Petrucci invoca regole chiare: «Serve trasparenza, – dichiara. – Vorrei portare in Consiglio Federale una procedura per valutare l’ingresso dei fondi, con l’obiettivo di proteggere stabilità finanziaria, reputazione e regolarità dei campionati».
E sulla giustizia sportiva aggiunge di toglierla. Per non avere giudici di parte, è bene che a nominarli siano altri.
Bargnani sulla strategia: «Facciamo sistema come l'NBA». E punta sulla passione
L’NBA in Europa e il futuro del basket
L’arrivo dell’NBA nel Vecchio Continente è visto come un’opportunità: «Porterà risorse e spettacolarità. Nell’accordo è previsto che le società iscritte disputino i campionati».
Uno scenario che danneggerebbe l’Eurolega, a cui Petrucci non risparmia critiche. D’altronde ha sempre privato la Federazione dei giocatori durante le finestre FIBA.
I numeri parlano chiaro: 300 milioni di tifosi in Europa, ma un valore commerciale di appena 200 milioni su un mercato da 50 miliardi di dollari. «Una lega NBA è l’occasione per aumentare competitività e bacino. Se il Manchester United ha già detto sì, ci sarà un motivo».
Per l’Italia, le piazze individuate sono Roma e Milano. E sulla Capitale, priva di una società di A1, Petrucci rassicura: «Roma non mancherà. C’è un’opzione concretissima legata a un facoltoso imprenditore». Il nome? Si saprà a tempo debito.
Alla soglia degli 80 anni, Petrucci non smette di guardare avanti: «Sogno che il basket continui a essere il secondo sport più popolare al mondo dopo il calcio. Il tennis se ne farà una ragione, il mio amico Binaghi capirà».