Nike mette il punto interrogativo. In un’epoca in cui le sicurezze si sgretolano, il colosso dell’abbigliamento sportivo sceglie di riscrivere la propria narrazione a partire da un semplice ma potente interrogativo.
Dopo quasi quarant’anni di successi con lo storico claim Just Do It, il brand rilancia con una campagna che accompagna lo slogan a una nuova domanda: Why Do It? «Stiamo accendendo per la nuova generazione una scintilla», ha spiegato Nicole Graham, direttore marketing di Nike.
Un nuovo linguaggio per raccontarsi
La nuova strategia segna un passaggio dal “cosa facciamo” al “perché lo facciamo”. Non più un invito imperativo all’azione, ma un dialogo che riconosce paure, fragilità e ansie generazionali, riporta Il Sole 24 Ore.
Il messaggio è chiaro: non basta più celebrare la performance, bisogna interrogarsi sul senso dell’azione. La campagna riunisce un cast internazionale di atleti, come nello stile Nike: Carlos Alcaraz, LeBron James, Rayssa Leal, Qinwen Zheng e Tara Davis-Woodhall.
Come ha scritto Brittaney Kiefer su Adweek, «si passa dal comando netto e quasi autoritario a una domanda che riconosce le paure di insuccesso e l’ansia generazionale», un cambio semantico che non è solo estetico.
L’evoluzione nella narrazione
Nike punta a ridefinire il legame con i consumatori e a rilanciare la propria performance economica. «Le persone oggi non comprano solo scarpe: cercano significato e visione. Il marketing non è più uno slogan, ma un dialogo continuo».
Il nuovo approccio è stato definito marketing esistenziale: correre non è più solo sinonimo di performance, ma anche di salute mentale, appartenenza e comunità.
Come sottolinea Harvard Business Review, «i brand che pongono domande diventano più rilevanti di quelli che danno risposte. Le persone non cercano più eroi, ma compagni di viaggio».
Il nuovo contesto globale
Il cambio di rotta di Nike riflette una trasformazione più ampia. «Siamo in un periodo di grande trasformazione sociale e di maggiore incertezza rispetto al passato», spiega Sandro Castaldo, professore ordinario di marketing alla Bocconi.
Pandemia, conflitti internazionali, inflazione e stagnazione economica hanno cambiato radicalmente le priorità delle persone. Se prima al centro c’era il tema ambientale, oggi emergono nuove urgenze: pace, stabilità e potere d’acquisto.
«Nell’attuale situazione di incertezza le nuove generazioni hanno bisogno di sapere il perché, ovvero il motivo profondo che dovrebbe spingere all’azione. In un certo senso è un comportamento più maturo e consapevole», precisa Castaldo.
Tra pragmatismo e valori originari
Questo riposizionamento intercetta un trend che si sta diffondendo soprattutto negli Stati Uniti: «la percezione diffusa è quella che l’estremismo green o inclusivo non abbia dato i frutti inizialmente sperati. La realtà probabilmente non è così, ma il problema è nelle percezioni dei clienti», osserva ancora Castaldo.
Le aziende, quindi, si trovano a misurare con più attenzione l’impatto concreto delle proprie politiche, senza però rinnegare gli obiettivi di fondo. «Molte stanno cercando di seguire la strada del pragmatismo, senza perdere di vista i propri valori originari. È una naturale evoluzione, non una rivoluzione valoriale».
Il tema del tempo diventa cruciale: i brand devono preservare la loro identità, ma adattarla alle sfide contemporanee. È ciò che ha fatto negli anni anche il diretto concorrente Adidas con Impossible is Nothing. Ogni marchio mantiene un nucleo stabile, che declina in linguaggi diversi per restare rilevante.
Un cambio radicale
Castaldo lo riassume così: «Bisognerebbe tenere la barra ben diritta e continuare decisi nei propri intenti e posizionamenti iniziali, tuttora molto attuali. La cosa che certamente si modifica è il processo, che deve essere molto più orientato ai fatti e concreto per i clienti. Quindi l’obiettivo rimane lo stesso, i modi con cui si consegue devono trasformarsi per adeguarsi alle nuove esigenze».
In fondo, le parole sono più che slogan: sono lenti attraverso cui osservare il mondo. «Il potere delle parole sta nel generare conversazioni, nel plasmare comportamenti», ricorda ancora Harvard Business Review.
Nike ha scelto di sostituire un’affermazione con una domanda. Una scelta che, in tempi incerti, coinvolge non solo gli atleti, ma ognuno di noi.