Il motorsport russo porta la Formula 1 in tribunale. Secondo quanto riportato dal Telegraph, l’associazione promotrice del Gran Premio di Russia, Ano Rosgonki, ha avviato un’azione legale presso l’Alta Corte di Londra contro la F1, chiedendo un risarcimento di 50 milioni di sterline (circa 58 milioni di euro) per la cancellazione della gara di Sochi del 2022.
La controversia risale all’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, il 24 febbraio 2022, che spinse i vertici della Formula 1 a eliminare l’evento dal calendario mondiale e a interrompere ogni rapporto con il promoter locale. Quella di Sochi sarebbe stata l’ultima edizione del GP in riva al Mar Nero: dal 2023 la corsa avrebbe dovuto trasferirsi sul nuovo tracciato di Igora Drive, vicino a San Pietroburgo.
Il nodo contrattuale
Ano Rosgonki, guidata da Alexey Titov e sostenuta direttamente dal Cremlino, sostiene che la F1 abbia commesso un inadempimento contrattuale. La somma contestata corrisponde alla quota versata come tassa di hosting per il 2022, che secondo il promoter avrebbe dovuto essere restituita.
Titov ha accusato i vertici della F1 di aver utilizzato la politica come giustificazione per una violazione contrattuale.
«Questo debito esiste, è confermato, e la nostra posizione al riguardo è invariata, – aveva dichiarato ai media statali russi. – Ci aspettiamo un rimborso indipendentemente dall’attuale posizione della Formula 1. Le parole di Domenicali hanno una connotazione politica che non ha nulla a che fare con il vero spirito dello sport».
Il riferimento è a una presa di posizione netta del CEO della F1, Stefano Domenicali, che aveva affermato: «Non negozieremo più con loro».
Secondo quanto ricostruito dal Telegraph, inizialmente la Formula 1 avrebbe accettato di restituire la somma versata, ma le sanzioni internazionali contro la Russia avrebbero bloccato i trasferimenti finanziari.
Titov sostiene che il Circus avesse dato la disponibilità a rimborsare la cifra, salvo poi rimandare la restituzione a causa delle restrizioni bancarie legate alla guerra.
Impatto sul Circus
La decisione di cancellare il GP di Russia nel 2022 rappresentò uno spartiacque politico e finanziario per la Formula 1. Oltre alla perdita del contratto di lungo termine con Rosgonki, la guerra determinò una vera e propria ritirata commerciale dal mercato russo:
- la FIA bandì eventi in Russia e Bielorussia, vietando simboli e inni nazionali, ma consentendo ai piloti di gareggiare sotto bandiera neutrale;
- diverse federazioni nazionali, tra cui Regno Unito, Germania e Finlandia, adottarono misure restrittive aggiuntive, limitando la partecipazione di piloti con licenza russa o bielorussa;
- sponsor russi di peso furono esclusi: la Haas interruppe la partnership con Uralkali e licenziò il pilota Nikita Mazepin, mentre Ferrari oscurò il brand Kaspersky.
La posta in gioco
La causa da 50 milioni di sterline apre ora un fronte giudiziario complesso per la Formula 1. Se da un lato il Circus rivendica una scelta etica e politica in linea con la condanna internazionale all’invasione russa, dall’altro Rosgonki punta a ottenere un risarcimento economico che, con gli interessi, potrebbe superare la cifra iniziale.
Tre anni dopo l’inizio della guerra, dunque, il contenzioso tra F1 e Russia riporta sotto i riflettori uno dei capitoli più controversi della recente storia, dove sport, geopolitica e finanza si intrecciano in maniera indissolubile.