Il percorso del decreto Sport si fa sempre più accidentato. Dopo l’approvazione alla Camera, il provvedimento è ora al vaglio della Commissione Cultura e Sport del Senato, step preliminare all’approvazione del testo a Palazzo Madama.
Tuttavia, secondo fonti parlamentari riportate da Il Sole 24 Ore, durante la seconda lettura sarebbero emerse perplessità da parte del Quirinale, in particolare sugli articoli 9-quater e 11 del testo.
Il nodo della governance delle ATP Finals
Nel mirino del Colle ci sarebbe soprattutto una norma introdotta a Montecitorio, che stabilisce l’intervento diretto della società pubblica Sport e Salute Spa nell’organizzazione di eventi sportivi di rilievo nazionale o internazionale, qualora ricevano un contributo statale superiore ai 5 milioni di euro.
Il provvedimento, benché riformulato rispetto alle versioni iniziali, conserverebbe – secondo il Quirinale – un impianto troppo legato alle ATP Finals di Torino, andando a interferire sulla governance dell’evento.
Nonostante un tentativo di “generalizzazione”, la norma sarebbe troppo specifica e priva dei requisiti di urgenza richiesti per legittimare l’uso del decreto-legge come strumento normativo.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non avrebbe espresso obiezioni di merito sul contenuto, ma dubbi sulla forma, evidenziando la possibile inadeguatezza del decreto-legge rispetto all’ordinaria procedura legislativa.
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La fermezza della maggioranza e gli scenari
Da qui la richiesta di un passaggio parlamentare più strutturato attraverso un disegno di legge.A fronte di questi rilievi, però, la maggioranza ha scelto una linea di fermezza, proseguendo verso l’approvazione.
I senatori di centrodestra hanno infatti bocciato gli emendamenti che avrebbero potuto recepire le indicazioni del Colle. Una posizione confermata anche dal ministro per lo Sport Andrea Abodi, che ha dichiarato: «Ci sono state interlocuzioni istituzionali. Riteniamo che lo strumento sia coerente con le finalità e l’urgenza dell’evento».
La partita ora si gioca su due fronti. Da un lato, l’esecutivo potrebbe decidere di modificare il testo per consentire un rapido ritorno alla Camera in una terza lettura-lampo, chiudendo l’iter prima della pausa estiva.
Dall’altro, persistere sulla versione attuale significherebbe esporsi al rischio che il Presidente della Repubblica rimandi il testo alle Camere, esercitando il potere di rinvio motivato, prolungando ulteriormente le tempistiche.
Le tempistiche del percorso legislativo
Il nodo politico si complica ulteriormente considerando i tempi stretti: il decreto deve essere convertito in legge entro il 26 agosto, quando scadrà il termine dei sessanta giorni dall’entrata in vigore.
Se Mattarella dovesse restituirlo al Parlamento mentre le Camere sono chiuse per la pausa estiva, il governo sarebbe costretto a convocare una sessione straordinaria, magari a ridosso di Ferragosto. Una prospettiva logisticamente complessa.
In gioco non vi è solo l’approvazione del decreto, ma anche un delicato equilibrio istituzionale tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Nonostante la fermezza della maggioranza, l’esito del percorso legislativo appare tutt’altro che scontato.