UCI chiude la porta a One Cycling, ma il dialogo resta aperto

L’UCI ha ufficializzato il calendario WorldTour 2026-2028 senza includere One Cycling, il progetto saudita da 250 milioni di euro. Respinto per ora, ma i negoziati restano aperti.

StradeBianche
Chiusura non definitiva
Image Credits: Luca Bettini / Sprintcyclingagency/PsNewZ/Insidefoto

L’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha ufficializzato il calendario del WorldTour maschile e femminile per il triennio 2026-2028, ma tra le righe spicca un’assenza pesante: nessuna traccia degli eventi proposti da One Cycling, il progetto sostenuto dall’Arabia Saudita e mirato a rivoluzionare il panorama professionistico su due ruote.

Una decisione che segna un chiaro segnale di difesa dello status quo da parte dell’UCI, ma che non esclude del tutto future collaborazioni.

One Cycling esclusa dal calendario UCI WorldTour

Durante l’ultima riunione del Comitato Direttivo tenutasi ad Arzon, la proposta di includere gli eventi One Cycling nei calendari ufficiali è stata respinta all’unanimità. L’organismo ha motivato il rifiuto definendo il progetto incompatibile con la governance e il quadro normativo dell’UCI, oltre che privo di coerenza sportiva. Una posizione netta, in linea con la volontà dell’istituzione guidata da David Lappartient di tutelare gli equilibri consolidati del sistema ciclistico internazionale.

Tuttavia, non si tratta di una chiusura totale. L’UCI ha dichiarato la propria disponibilità a mantenere un dialogo aperto con i promotori di One Cycling, riconoscendo l’importanza di attrarre investimenti e promuovere l’internazionalizzazione del calendario.

“L’UCI, – si legge nel comunicato ufficiale – come tutti gli attori del ciclismo, desidera proseguire le discussioni con i rappresentanti di questo progetto per collaborare allo sviluppo economico del nostro sport”.

Il piano saudita

Nonostante lo stop, i promotori di One Cycling restano fiduciosi. Secondo quanto riportato da Cyclingnews, i rappresentanti del progetto vedono nella disponibilità al confronto da parte dell’UCI un’opportunità concreta. La porta è ora spalancata, con il supporto e la partecipazione dell’UCI, per affrontare tutte le sfide chiave sollevate da One Cycling, in particolare l’utilizzo di investimenti esterni per rendere il ciclismo economicamente sostenibile.

Il piano prevede il lancio di una vera e propria “Superlega” del ciclismo, con l’ambizione di partire prima del Tour de France grazie a un investimento iniziale da 250 milioni di euro garantito da Surj Sports Investment, veicolo finanziario legato al fondo sovrano saudita PIF. I fondi sarebbero destinati al sostegno delle squadre partecipanti (fino a 1 milione di euro all’anno per tre stagioni a ciascun team maschile, 250.000 euro per i team femminili), alla creazione di nuovi eventi in Nord e Sud America, Arabia Saudita e altri mercati emergenti, e al rafforzamento delle corse esistenti.

Un elemento centrale del progetto è la governance condivisa: le squadre, infatti, diventerebbero azioniste della competizione, partecipando al processo decisionale e beneficiando direttamente dei ricavi, un modello ispirato a quello di altri sport professionistici come il calcio o la Formula 1.

Lo scontro con ASO e i nodi ancora aperti

Dietro le tensioni tra One Cycling e l’UCI si intravede anche uno scontro politico ed economico più ampio. Secondo i promotori del progetto, Lappartient agirebbe anche per tutelare gli interessi di ASO (Amaury Sport Organisation), il potente organizzatore del Tour de France e principale oppositore della Superlega. Un’accusa che riporta alla mente le frizioni già viste nel mondo del calcio tra UEFA e Superlega.

Sul tavolo restano diverse criticità. Il ciclismo professionistico, oggi fortemente dipendente dagli sponsor, fatica a generare ricavi stabili. One Cycling punta a un nuovo modello di business, che includa la vendita dei diritti TV, lo sviluppo di piattaforme digitali, l’espansione dell’hospitality e l’introduzione di nuovi flussi come il ticketing (possibilità per i fan di pagare per accedere a sezioni esclusive del percorso), merchandising e perfino programmi fedeltà o legati alle scommesse sportive.

Conclusioni

La partita tra UCI e One Cycling è tutt’altro che chiusa. Se da una parte la federazione ha esercitato la propria autorità per preservare l’attuale impianto regolamentare, dall’altra non ha interrotto il canale del dialogo. Il ciclismo si trova oggi a un bivio cruciale: da un lato la tradizione e un modello consolidato ma fragile, dall’altro la promessa di capitali esterni e di un’organizzazione più solida dal punto di vista economico.

Con 250 milioni di euro già sul tavolo e l’appoggio di parte del WorldTour, One Cycling potrebbe non essere solo un’idea futuristica, ma un elemento catalizzatore per una trasformazione strutturale del ciclismo globale.

Ora spetta all’UCI decidere se guidare questo cambiamento o continuare a contrastarlo.