Le Coq Sportif naviga in acque torbide. La prestigiosa marca francese di abbigliamento sportivo, nota per aver equipaggiato la delegazione francese durante i Giochi Olimpici, è stata posta in amministrazione controllata.
La decisione, annunciata venerdì sera dalla casa madre Airesis, società svizzera che detiene il 75% del marchio, prevede una fase di osservazione di sei mesi, durante la quale l’azienda continuerà a operare nel tentativo di superare le difficoltà finanziarie.
Il provvedimento mira a tutelare i 330 dipendenti diretti e le centinaia di posti di lavoro indiretti, mentre l’azienda cerca nuove soluzioni di finanziamento e possibili investitori strategici.
Airesis punta a rinvogorire il modello economico dell’azienda e garantire la continuità delle attività preservando il know-how industriale francese, elemento chiave dell’identità del brand.
La strategia si basa sulla valorizzazione del capitale simbolico acquisito grazie al successo mediatico dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024, che hanno dimostrato il potenziale globale del marchio,
Le Coq Sportif fallimento – Le difficoltà economiche del marchio francese
Le difficoltà economiche non sono nuove per Le Coq Sportif. Nel primo semestre del 2024, il gruppo ha registrato una perdita di 18,2 milioni di euro, in aumento rispetto ai 10,5 milioni dello stesso periodo nel 2023. Nel 2023, la perdita complessiva era stata di 28,2 milioni di euro.
Per fronteggiare la crisi, l’azienda aveva già ottenuto un prestito di 2,9 milioni di euro dal Comitato Organizzatore di Parigi 2024 e un ulteriore finanziamento di 12,5 milioni di euro dallo Stato francese tramite BPI France Assurance Export.
Al 30 settembre 2024, sul fronte debitorio l’azienda aveva mostrato dei forti progressi, mancando solamente 150mila euro del prestito ricevuto dal comitato organizzatore dei Giochi Estivi.
A complicare ulteriormente la situazione, Le Coq Sportif è attualmente coinvolta in una disputa legale con la Federazione Francese di Rugby (FFR). La federazione ha intentato una causa per 5,3 milioni di euro, sostenendo che l’azienda non avrebbe rispettato alcuni obblighi contrattuali come fornitore ufficiale.
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