Cortina d’Ampezzo e Madonna di Campiglio. Ma anche Livigno, Cervinia, Ortisei e Courmayeur. Sono questi i nomi che di maggior richiamo delle montagne italiane per il turismo invernale.
La stagione della neve, che si apre ufficialmente con l’Immacolata – anche in assenza di un ponte festivo quest’anno – è un business che vale quasi 24 miliardi.
La stagione 2023/24 ha infatti generato un giro d’affari complessivo di 23,7 miliardi di euro, in crescita di 8 punti percentuali sui 22 miliardi della stagione invernale precedente.
La rilevazione, ripresa da Il Sole 24 Ore, è a cura di Jfc, che redige l’Osservatorio italiano del turismo montano, e sottolinea come il capitolo di spesa più rilevante, pari al 47% del totale, sia appannaggio dei benefici diretti – beni e servizi consumati durante i soggiorni in montagna – pari a 11,2 miliardi.
La componente di indotto vale circa 3,1 miliardi di euro mentre i benefici indiretti superano i 3,6 miliardi. Non meno rilevante i benefici per la filiera estesa, pari a 5,8 miliardi di euro.
Business montagna invernale: stranieri in crescita
Gli indicatori per la stagione alle porte sono positivi e si stima di superare il giro d’affari della stagione passata grazie all’incremento del turismo internazionale. La previsione per il mercato domestico è infatti in flessione del 4,2% ma dovrebbe essere compensato dall’incremento degli arrivi esteri, stimati nell’ordine del +7,5%, con mercati come Regno Unito, Polonia e Repubblica Ceca in crescita ma anche USA, Canada e Cina.
È il capitolo prezzi a frenare la domanda nazionale: Jfc stima infatti che, pur di fronte a un livellamento dell’inflazione, le spese ricettive – alberghi e altre soluzioni – aumenteranno del +5,1% rispetto alla stagione passata, mentre le scuole di sci registreranno rincari del 6,9%, skipass a + 6,2% e circa 8 punti percentuali di incremento per la ristorazione.
Se si allarga l’analisi all’ultimo triennio gli incrementi salgono però a doppia cifra. Comparando la stagione invernale 2024/25 a quella 2021/22 – condizionata va ricordato dalle limitazioni pandemiche e da un indice inflattivo sostanzialmente flat – i costi ricettivi sono cresciuti del 34% mentre i servizi di bar e di ristorazione del 31,5%.
L’incremento dei prezzi degli impianti di risalita è invece pari al +25,2%, mentre è di poco inferiore la crescita dei prezzi praticata dalle scuole di sci, al +21,5%.
Entrando nel concreto, la settimana bianca per un adulto costa in media 1.400 euro che salgono a 3.700 per una coppia con un figlio.
Non meno oneroso un semplice weekend con una spesa media di 570 euro che salgono a 1.630 per una coppia con un figlio.
Business montagna invernale: non solo sci
Se la montagna di inverno coincide nel collettivo immaginario con lo sci, l’Osservatorio sottolinea come siano in crescita anche altre attività.
Allo sci alpino si affiancano snowboard e scialpinismo, quest’ultimo in forte ascesa con un +68,7% di praticanti. Le piste vengono battute per una media di 4 ore al giorno, rispetto alle quasi 6 di tre anni fa, con maggiore interesse durante le giornate per esperienze immersive nella natura ma anche relax nei rifugi e attività di benessere e socializzazione.
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